Pozzallo: il 9 gennaio manifestazione contro la centrale di biogas
Il CSPA di Pozzallo (Comitato per la Salvaguardia e la tutela della Salute Pubblica e dell’Ambiente) ha indetto una manifestazione pubblica per il 9 gennaio 2022, per opporsi alla costruzione dell’impianto di Biometano in contrada Zimmardo Bellamagna.
Abbiamo già parlato del progetto di realizzazione dell’impianto nell’intervista fatta ormai due anni fa a Emanuela Russo, presidentessa del comitato. Abbiamo seguito e sostenuto questa battaglia e proprio in occasione dell’indizione della manifestazione torniamo a parlare della vicenda invitando tutti i comitati, le realtà politiche e sociali dell’isola a partecipare alla manifestazione del 9 gennaio, perché l’opposizione alla centrale di Biometano in contrada Zimmardo-Bellamagna corrisponde con l’opposizione a un modello di sviluppo predatorio che in nome del profitto e dell’accaparramento di risorse distrugge i territori e la loro economia, con ricadute negative anche sulla salute delle persone.
Un impianto nocivo e invasivo
L’impianto in questione verrebbe realizzato per la produzione e distribuzione di biometano prodotto dalla digestione anaerobica di materie prime di origine vegetale e animale: cioè di rifiuti.
Il progetto interesserebbe un volume di 70 metri cubi attraverso l’installazione di sette vasche di digestione con un diametro di 32 metri ciascuna, due ciminiere dell’altezza di 12 metri e una ciminiera di riserva di 10 metri, per una produzione standard di circa 499 metri cubi all’ora. Una stima approssimativa: da quello che lascia intendere chi ha realizzato il progetto, la produzione potrebbe essere anche maggiore. Una quantità, però, che così riportata non classificherebbe l’impianto come industriale. Mossa atta ad evitare di sottoporlo al rilascio della Valutazione d’Impatto Ambientale da parte dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente ed eventualmente all’Autorizzazione Integrata Ambientale da parte dell’Assessorato regionale Energia e Rifiuti.
L’iter è stato quindi sospeso in più battute. Prima dalla soprintendenza di Ragusa che ha giudicato qualsiasi autorizzazione rilasciata inefficace, poi dal Tar che ha decretato la sospensione dei lavori. E sarà proprio il Tar ad esprimersi, il prossimo 13 Gennaio, in maniera definitiva sul progetto.
La contrada, benché sia parte del territorio modicano, si trova a circa 700 metri dalle prime aree residenziali del comune di Pozzallo. Il che significa che intere famiglie sarebbero costrette a subire in prima persona gli effetti della messa in opera della struttura, che prevede per il suo funzionamento un transito giornaliero di 40 tir per un trasporto di circa 216 tonnellate di letame e carcasse animali. La contrada interessata si trova tra l’altro all’interno di un compluvio, dove si raccoglie, cioè, l’acqua piovana. Questo rappresenta un problema di natura idrogeologica rispetto al quale non possono essere prese misure preventive. Oltre alle nocività prodotte dalla lavorazione delle materie prime, si rischia di andare incontro ad allagamenti ed esondazioni: in poche parole distruzione. In ultimo, lì sorge un’antica necropoli collocabile tra il XIX e XIV A.C.. Il progetto mette in pericolo l’ambiente, la vita degli abitanti e la storia della comunità autoctona.
Il falso mito delle energie rinnovabili
La più grande motivazione portata a sostegno della realizzazione dell’opera, riguarda la produzione di fonti di energia rinnovabili. Ancora una volta, un abbaglio dell’era Green.
Questi impianti, infatti, dovrebbero trattare frazioni organiche di rifiuti a cui possono essere aggiunti rifiuti speciali non pericolosi che attraverso processi produttivi di combustione, ricavano biogas.
Il biogas ricavato dalla digestione anaerobica – in assenza di ossigeno – serve alla produzione di energia elettrica. Il processo che avviene per combustione, porta con sé diversi rischi. In primis, la grande varietà di gas utilizzati per la miscela. Le materie prime sono infatti scarti organici e animali: in sostanza carcasse. La composizione del biogas è fatta principalmente da metano (54-64%), anidride carbonica (35-45%) e azoto.
Il biogas contiene componenti minori in tracce quali idrogeno solforato e altri composti dello zolfo, silossani (composti organici della silice), composti aromatici e alogenati. Anche se le quantità di questi composti sono basse rispetto al metano, esse possono avere impatti ambientali pesanti sullo strato di ozono stratosferico, sull’effetto serra e sul peggioramento della qualità dell’aria a livello locale.
La combustione del biogas direttamente da digestione anaerobica, immetterebbe inoltre nell’atmosfera CO2 causa la formazione di polveri sottili (pm10), fini (pm2.5) e ultrafini (pm0.1).
La digestione anaerobica produce anche percolato e scarti non compostabili, che devono a loro volta essere smaltiti come rifiuti speciali pericolosi e disposti in discarica.
Il risultato, quindi? Emissioni in atmosfera, polveri sottili, odori, scarti e rifiuti, rumori, rischi sanitari, rischi idrogeologici, traffico e inquinamento.
Il territorio è di chi lo abita
Una questione evidentemente controversa, che vede contrapporsi un’intera comunità all’interesse – esplicitamente economico – di un’azienda. Per questo l’opposizione del CSPA non si è mai fermata. Gli abitanti hanno già scelto cosa vogliono e non intendono fare un passo indietro. In tre anni, è stato costruito un percorso di mobilitazione popolare che ha portato a una petizione da oltre 10’000 firme, manifestazioni, diverse assemblee pubbliche, interventi in tribunale, come anche durante l’udienza al TAR del 13 gennaio, dove il comitato tornerà a esporre le ragioni del NO.