Inceneritori: falso modernismo. Intervista ad Enzo Favoino

Inceneritori: falso modernismo. Intervista ad Enzo Favoino

Amministratori troppo “pigri” e gli abitanti ne patiscono le conseguenze. Catania e Palermo nel mirino del business dei rifiuti.

Incenerire i rifiuti è falso modernismo, è una tecnica obsoleta, antieconomica e in contrasto con le direttive UE in materia di economia circolare. La Sicilia paga già un prezzo altissimo per una gestione rifiuti priva di programmazione ed è tempo di guardare al modello Treviso. Sul tema abbiamo intervistato Enzo Favoino, Coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe e del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori.

“Termovalorizzatori” o “termoutilizzatori”. Con questi termini, apparentemente innocui, sono oggi chiamati gli impianti di incenerimento rifiuti che il governo regionale intende realizzare in Sicilia con l’obiettivo dichiarato di voler risolvere il problema delle discariche sature. Un’emergenza che dura da oltre 20 anni che ha di fatto favorito gli affaristi del business dei rifiuti a danno dei territori. Ma è proprio vero che gli inceneritori risolvano il problema delle discariche? O forse invece creano un problema nuovo senza risolverne uno vecchio? Per sfatare alcune tipiche retoriche sugli inceneritori, abbiamo intervistato un esperto di fama internazionale in materia di gestione rifiuti ed economia circolare: Enzo Favoino, Coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe e del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori. Favoino e il suo team hanno aiutato molte istituzioni governative ed enti locali a progettare piani di gestione dei rifiuti, sia in Italia che altrove, in linea con i principi dell’economia circolare e, quindi, senza il ricorso alla tecnologia dell’incenerimento.

Una delle false notizie attorno agli inceneritori è che risolvano il problema delle discariche. Ma come tu ci insegni, per trattare le ceneri di scarto degli inceneritori occorrono discariche per rifiuti speciali pericolosi. Non sono ancora stati resi noti i progetti di inceneritori per la Sicilia occidentale, ma conosciamo quello di Catania ad opera della SiEnergy. Il progetto prevede che le ceneri siano impiegate per realizzare, per esempio, calcestruzzi. Ritieni che questa sia una reale soluzione?

Anzitutto c’è da fare una considerazione d’inquadramento. È verissimo quello che dite e cioè che l’inceneritore produce un flusso di scarto, ansi due flussi che vanno in discarica. Uno è costituito dalle scorie, le ceneri pesanti, e l’altro dalle ceneri volanti. Le ceneri volanti devono andare in discarica perché sono materiali pericolosi e devono andare in discariche per rifiuti pericolosi, e tra l’altro questo fatto pone un problema strategico di dipendenza dall’estero perché non abbiamo discariche di questo tipo. Ora quando si parla di riutilizzo delle ceneri per utilizzi come sottofondi stradali, calcestruzzi e altro, si parla dell’uso solo di una parte delle scorie pesanti. In realtà se poi andiamo a vedere i dati, siccome si deve fare la classificazione granulometrica, il lavaggio e quant’altro, si vede che da questi processi si ha comunque una quota notevole di scarti. Quindi non si riesce a recuperare il 100% di quelle scorie. Ovviamente si potrebbe anche mettere in dubbio la possibilità stessa di utilizzare tale materiale. In passato ci sono stati dei casi clamorosi, ad esempio una casa in provincia di Treviso che era crollata perché nel cemento c’erano ceneri di questo tipo e dall’indagine, che all’inizio si era concentrate sulla scarsa qualità del calcestruzzo, è venuto fuori che questi calcestruzzi rilasciavano elementi tossici [si veda immagine a seguire] C’è un grosso punto interrogativo su questo tipo di utilizzi dunque. Inoltre il problema dal punto di vista statistico è che poi tutti gli scarti dei processi di recupero parziale di queste scorie, escono dalle statistiche perché non sono più rifiuti urbani, ma speciali però devono andare in discarica lo stesso. Quindi, siccome noi non dobbiamo migliorare il quadro statistico, ma dobbiamo migliorare il mondo, quando si dice che con gli inceneritori non c’è più bisogno di discariche, si dice una grossissima falsità.

Nella provincia di Treviso anni fa erano previsti degli inceneritori che non sono stati poi costruiti. La gestione dei rifiuti quindi è stata organizzata senza quel tipo di impianti e ad oggi la provincia ha raggiunto un importantissimo risultato in termini di percentuali di raccolta differenziata. E poi pensiamo alla Slovenia per cui tu sei stato essenziale nella progettazione di una gestione dei rifiuti efficiente e senza incenerimento. Puoi parlarci di questi casi?

Si, il caso di Treviso è interessantissimo proprio perché nel Novanta erano allo stesso bivio in cui ora si trova la Sicilia. All’epoca c’era la proposta di due inceneritori in provincia di Treviso. Io partecipai al tavolo di lavoro che doveva definire la strategia provinciale e alla fine riuscimmo a far valere gli argomenti secondo cui la costruzione degli inceneritori sarebbe stato un azzardo, un salto nel vuoto. Tra l’altro all’epoca non avevamo ancora quelli che ora chiamiamo i driver di politica, cioè le forze trainanti della politica che ad oggi ci danno obiettivi ambiziosi del 65% di riciclo netto al 2055. All’epoca invece avevamo il decreto Ronchi che prevedeva il 35% di raccolta differenziata, cioè cica il 25-30% di riciclo netto. Però riuscimmo a far valere i nostri argomenti sulla base delle prime esperienze che già c’erano in Italia di porta a porta, di una buona programmazione nella direzione della sostenibilità nell’uso e gestione delle risorse e dei materiali a fine vita e alla fine si decise di non costruire i due inceneritori. E Dio benedica questa scelta non una, ma mille volte perché questo ha reso la provincia di Treviso la provincia più avanzata in Italia, in Europa e al Mondo per tassi aggregati di raccolta differenziata. Oggi è una delle quattro provincie italiane che superano l’80% come media provinciale e addirittura arriva a sfiorare il 90% con diversi comuni della provincia che sono anche oltre il 90%. Inoltre al netto di tutte le attività di riduzione, riuso e raccolta differenziata, riciclo e compostaggio, la provincia di Treviso produce solo circa 50 kg abitante/anno di rifiuto residuo che è molto meno della quantità di scorie di ceneri che vengono prodotte pro-capite in Danimarca per esempio.

La Slovenia è un altro caso interessante perché la Slovenia. Si tratta di un Paese dell’allargamento verso Est e quando è entrato in Unione Europea, quindi nel 2004, era praticamente all’anno zero per quanto riguarda i tassi di raccolta differenziata. Io all’epoca lavoravo con alcuni di questi Paesi come la Repubblica Ceca e la Slovacchia per aiutarli a recepire il corpus delle varie direttive europee che per lor erano una novità assoluta. Partivano da un livello del 3-4% di raccolta differenziata e anche lì , in tempi più recenti tra 2013 e 2014ci si è trovati di fronte al bivio di costruire o meno inceneritori. Con Rifiuti Zero siamo riusciti a convincerli a non realizzare l’inceneritore di Lubiana che avrebbe totalmente. Non l’hanno fatto e ora stanno dispiegando pienamente tutto il potenziale dell’economia circolare e sono diventati il Paese più avanzato al mondo come tasso nazionale di raccolta differenziata, con buona pace di chi dice che gli inceneritori e la raccolta differenziata non vanno in contraddizione.

Prendendo spunto dal caso della Slovenia e di Treviso, cosa dovrebbero fare i Comuni e soprattutto la Regione Sicilia per realizzare un piano rifiuti efficace e che si liberi definitivamente del modello dell’incenerimento?

Riassumendo direi che occorre riflettere bene su tutti gli elementi di coerenza con l’agenda europea sull’economia circolare. Spesso si parla di economia circolare in maniera mediata e confusa. Si pensa che economia circolare sia sinonimo di gestione dei rifiuti, invece non è così. Ci sono delle attività di gestione dei rifiuti che fanno parte dell’economia circolare e ci sono delle attività dei gestione dei rifiuti che non ne fanno parte . L’incenerimento è un sistema lineare per definizione perché distrugge risorse e quindi non è economia circolare. Teniamo conto di questo e del fatto che l’economia circolare ci chiede di porre sempre più in alto la barra dell’ambizione della gestione sostenibile dei nostri materiali, cioè in un programma rifiuti zero bisogna essere sempre felici, ma mai soddisfatti: felici per quello che si è già fatto e mai soddisfatti per quello che rimane ancora da fare. L’Europa è da decenni che punta su una prospettiva rifiuti zero, penso al fatto che la prima bozza del pacchetto economia circolare del luglio 2014 era sottotitolata “Un programma rifiuti zero per l’Europa” e non era stata scritta da un ambientalista, ma dal commissario per l’ambiente Janez Potočnik, il padre dell’economia circolare che aveva capito che rifiuti zero è la perfetta cassetta degli attrezzi per tramutare la visione dell’economia circolare in realtà operativa. Non è quindi uno slogan vuoto, ma una vera cassetta degli attrezzi. Allora bisogna aver la capacità di valutare tutte le coerenze della visione dell’economia circolare e anche le implicazioni incrociate con l’agenda energetica. Produrre energia da incenerimento, infatti, libera grossissimi quantitativi di anidride carbonica fossile da plastiche e tessili artificiali, mentre l’Europa vuole decarbonizzare e arrivare alla Carbon Neutrality entro il 2050. Si tratta allora di un suicidio in termini strategici. Tutte queste cose purtroppo nel dibattito nazionale e locale spesso sono assenti e il dibattito locale è spesso vittima di una narrazione distorta.

Se volessimo escludere una connivenza con i privati del business dei rifiuti, dovremmo pensare mbra che i nostri amministratori e le autorità regionali si stiano dimostrando “pigri” sul fronte della ricerca di un sistema di gestione rifiuti in linea con le direttive europee e con il buon senso. Le autorità, infatti, spesso prendono per buoni i discorsi dei privati del business degli inceneritori che li presentano come moderni e non impattanti.

Chi vuol fare l’inceneritore sa vendere bene la sua idea stimolando una percezione di finto modernismo. L’inceneritore è finto modernismo. Non bisogna impigrirsi, bisogna avere la voglia di fare quella piccola fatica di valutare tutta la coerenza complessiva strategica delle politiche ambientali e programmare di conseguenza. Già nel 2012 e nel 2013 avevo partecipato per conto delle associazioni ambientaliste regionali alle due commissioni che avevano tenuto fuori dalla Sicilia l’incenerimento dalla pianificazione regionale. Vi potete immaginare il mio stupore nel vedere che nel 2022 si parla ancora di incenerimento! E proprio oggi che le argomentazioni contro l’incenerimento sono diventate ancora più solide che nel 2012!

Per approfondire l’argomento anche da un punto di vista sanitario, vi consigliamo il seminario “Inceneritori e impatto sul territorio, sulla salute e sull’economia” con gli interventi di Enzo Favoino e del medico Ferdinando Laghi (presidente internazionale dell’Associazione Medici per l’Ambiente) organizzato dal progetto Reverse (Università di Catania) in collaborazione con il Coordinamento No discarica Armicci Lentini, l’Osservatorio sui rifiuti Catania, Unilab e Ecologia Politica Catania.
Qui il link: https://www.youtube.com/watch?v=rAkgXJQeCHY&t=201s

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