Catania, questione rifiuti: serve davvero esportare in Olanda?

Catania, questione rifiuti: serve davvero esportare in Olanda?
Qualche giorno fa è stata resa pubblica la notizia dell’esportazione del primo carico di immondizia made in Catania verso l’Olanda che avverrà a inizio di novembre. Una notizia da molti vista come la soluzione ai problemi munnizza della città etnea. Non è la prima volta che ci ritroviamo a parlare del tema rifiuti e, oggi più che mai, tocca fare chiarezza. Serve davvero esportare in Olanda?

 

Perché esportare non è una soluzione

Per il primo periodo la quantità esportata via nave sarà di 28 container di rifiuti indifferenziati a settimana, con l’obiettivo, ovviamente, di incrementarla per arrivare al quantitativo di 48 container, per un totale di 10 mila tonnellate. Nonostante sia descritta come una soluzione per la crisi dei rifiuti, si conferma solo come un’ulteriore misura temporanea.

Infatti, la concessione del decreto regionale a firma Musumeci prevede che termini a marzo 2023. Nascondere la polvere sotto al tappeto (o la spazzatura all’estero, in questo caso) più che un’attitudine, è evidentemente il metodo applicato dal governo siciliano, che mentre dichiara di voler rivalutare l’isola, impiega gli strumenti necessari per il suo svilimento. Alla domanda «cosa ne facciamo dei rifiuti che produciamo sempre più numerosi?» la risposta parte dal medesimo assunto di fondo: che si brucino, che si sotterrino, che si tengano lontani dalla vista. Questi sono gli imperativi che guidano le politiche attuali. Oltre a non porre mai una fine alla situazione in cui i/le catanesi si ritrovano periodicamente, con le strade invase dalla spazzatura, questa visione anti-ecologica non attribuisce a chi ha guadagnato su discariche e impianti inquinanti le proprie responsabilità.

 

Ripensare il sistema rifiuti

È inaccettabile che i rifiuti da Catania siano passati dall’essere prima accumulati a Lentini come se fosse un pozzo senza fondo e, successivamente, superato il limite fisico di Grotte San Giorgio, saturate tutte le rimanenti discariche in Sicilia, mandati verso impianti di incenerimento presenti nel Lazio, nelle Marche, in Friuli Venezia-Giulia e ora verso i Paesi Bassi. Soprattutto considerando che tra le tante insidie dell’incenerimento vi è quella che le particelle rilasciate nell’atmosfera con la combustione (pm <2,5) si propagano con un’estensione macroscopica. Allontanare i rifiuti dal nostro territorio non ci tutela dai rischi sanitari che comportano; bisogna pretendere che venga rivoluzionato il meccanismo che nel quotidiano compromette la vivibilità del territorio.

Non voler ricorrere alle alternative ecologiche è una mera questione di volontà politica. Poter caricare tonnellate di rifiuti sulle navi e farli viaggiare per centinaia di chilometri è stato possibile con la delibera del consiglio comunale per l’ aumento del 18% della TARI a Catania. La narrazione per cui è “necessario” incorrere in costi ambientali per evitare quelli finanziari si dimostra ancora una volta artificiosa ed errata, strumentale a non fare ciò che è realmente necessario. Con campagne di prevenzione per il riuso e la riduzione volte a una sostenibilità economica e ambientale, infrastrutture per una filiera ecologica (tra cui impianti di compostaggio di comunità aerobici) è possibile il recupero dei materiali.

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