Fotovoltaico: stop al saccheggio dei territori

Fotovoltaico: stop al saccheggio dei territori
Lo stop di Schifani al fotovoltaico in Sicilia, con il solo scopo di ottenere maggiori vantaggi dalle multinazionali degli impianti, apre uno scontro interno tra la Regione e il governo centrale e accende la polemica. Ma in assenza di una programmazione sensata delle rinnovabili, non è possibile lasciare che dietro alla necessità della transizione energetica vengano travolti interi territori. 

Nel film del 2018 “Macchine mortali”, tratto dall’omonimo romanzo di Philip Reeve, in un futuro distopico e postapocalittico in cui la Terra è ridotta a deserto inospitale a causa delle recenti guerre nucleari, le città sono trasformate in giganteschi velivoli predatori su ruote, che razziano il territorio fagocitando risorse per la propria dispendiosissima sussistenza, a discapito delle città più deboli. Nonostante l’idea di partenza messa sul set colpisca con questo mesto parallelismo rispetto al rapporto tra lo sviluppo sociale odierno e le sue nefaste conseguenze, con un budget di ben 100 milioni di dollari a fronte di incassi nettamente inferiori la pellicola è risultata uno dei più grandi insuccessi della storia del cinema: ma come ben saprà chiunque abbia esperienza di operazioni monetarie anche lontane dalla gestione di patrimoni milionari, ogni investimento prevede un rischio – tant’è che l’attuale economia di mercato riconosce addirittura nella libertà d’impresa, di iniziativa e di proprietà privata i valori per la piena realizzazione dell’essere umano. Per cui, anche la storia di questo flop cinematografico riconferma in qualche modo ciò che avviene quotidianamente nella prassi del capitale: come avviene già di consueto nelle grandi operazioni speculative, meglio movimentare capitali piuttosto che impedirne il flusso.

Crisi energetica, inflazione, transizione ecologica 

E a tal proposito torniamo all’oggi, al centro del nostro Mediterraneo. Nel territorio siciliano, le fluttuazioni del mercato dovute alla crisi energetica hanno causato erosione di risparmi (parliamo di conti correnti e depositi bancari) per quasi 9 miliardi di euro tra il 2022 e il 2023, secondo i dati di Banca d’Italia, Istat e Commissione europea. Per il 2023, il saldo in negativo è già di quasi 3 miliardi e mezzo di euro: è il prezzo dell’inflazione, che vede i suoi picchi in grandi città come Palermo e Catania. Ciò significa che sta calando uno degli indicatori di quello che viene definito “benessere”, ovvero il potere d’acquisto. Lo spettro della recessione dovuta alla contrazione dei consumi appare dietro l’angolo. E mentre la “macchina mortale” dell’ordoliberismo divora interi territori per proseguire con la concentrazione dei capitali, perchè si, se le tasche si sono svuotate, da qualche parte questi soldi saranno pur finiti, rafforzando i grandi privilegi e gruppi di potere, il tema della transizione energetica risuona con urgenza. Ma l’impegno dei governi per arginare la catastrofe climatica si inserisce nello scontro volto al mantenimento dell’assetto sociale attuale tra globalizzazione e sovranismo, ma soprattutto, per quanto concerne l’Europa, tra le previsioni di Bruxelles che stimano perdite in 190 miliardi di euro ogni anno se l’uscita dal fossile non avverrà, e le opportunità di profitto e guadagno che dall’attuazione della stessa transizione green derivano. Si tratta, a conti fatti, di un rinnovamento della macchina capitalista e in questo scenario si inserisce il braccio di ferro tra la Sicilia e il governo centrale italiano per l’utilizzo dell’entroterra siciliano come base per i pannelli solari.

 

Il grande business del fotovoltaico e il no di Schifani

La partita attorno alle energie rinnovabili, tra fotovoltaico ed eolico (off-shore compreso), è davvero appetibile per i grandi investitori tra cui anche Enel Green Power, Erg, Falk Renewables, ora Renantis. Lo Svimez stima un giro d’affari potenziale da quasi 9 miliardi di euro per tutti i settori delle rinnovabili – amaro bilancio, stessa stima per i miliardi di risparmi bruciati in Sicilia dall’inflazione. Molti agricoltori hanno già venduto migliaia di ettari alle società multinazionali per i campi del solare: esistono già centinaia di progetti da realizzare nell’Ennese, nelle campagne tra Vizzini, Mineo, Militello, Centuripe, Assoro, Castel di Iudica, Ciminna, Noto e Canicattini.

Ma il grande business del fotovoltaico che mira a trasformare la Sicilia in hub energetico d’Europa ha trovato un freno – almeno così pare – nelle dichiarazioni di Renato Schifani. Il 2 aprile infatti è arrivato lo stop “a breve” alle autorizzazioni per nuovi impianti: «La Sicilia paga un prezzo non dovuto per una risorsa che abbiamo. Il danno e la beffa. E allora intendo discutere col governo» chiarisce il governatore. «Ottimo lo stop al saccheggio della terra e del mare. Si ragioni e si riparta secondo regole definite e nell’interesse della Sicilia!» annuiscono gli autonomisti di Lombardo e compagnia bella.

Si infiammano in risposta le polemiche bipartisan da Palazzo Chigi. «I pannelli solari sono la grande scommessa del Sud, in Sicilia creano occupazione», così tra i tanti anche Urso (Fdi), ministro delle Imprese e del Made in Italy. Questa storia della scommessa per la Sicilia la abbiamo già sentita come un mantra nelle ultime settimane a proposito del Ponte sullo Stretto. Viviamo proprio di occasioni perse, in Sicilia, se per investimenti così cospicui e decisi altrove non siamo pronti ad assumerci il rischio – non soltanto del devastante danno ambientale, ma dell’ennesimo accentramento di potere e risorse – che deriva da queste scommesse. Perchè nel caso del fotovoltaico, le dichiarazioni di Schifani auspicano una trattativa con i privati per una migliore e condivisa regolamentazione della contropartita sugli impianti: via libera a patto che rimangano quote più alte di royalties alla Regione siciliana e che una parte dell’energia rimanga sul territorio. Perchè il resto bisognerà immetterla nel mercato e solo successivamente, sottoposta a tariffe e accise, verrà rivenduta.

 

Il Tyrrhenian Link e i piani di Terna per il Mediterraneo 

Non dimentichiamo, infatti, che la posta in gioco è alta. 

Terna SpA, società italiana operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, ha in progetto di collegare la Sicilia con la Sardegna e la penisola italiana attraverso un doppio cavo sottomarino: un nuovo corridoio elettrico al centro del Mediterraneo, il Tyrrhenian Link. Con circa 970 chilometri di lunghezza e 1000 MW di potenza «si tratta di un’opera infrastrutturale di importanza internazionale, un altro passo in avanti verso un futuro energetico più sostenibile», si legge sul sito della società.

Gli elettrodotti sottomarini, con la stazione di Termini Imerese completeranno l’investimento che Terna sta facendo in Sicilia per rinnovare e digitalizzare la rete di distribuzione dell’energia, potendo così usare la produzione proveniente dalle immense distese di campi eolici e fotovoltaici che imprese locali, nazionali e multinazionali vogliono realizzare (lo stanno già facendo) in tutta l’isola. Ancora una volta, quindi, con la scusa della cosiddetta “transizione ecologica” e l’abbandono delle fonti fossili (in realtà, solo in parte), Sicilia e Sardegna si apprestano a diventare territori utili riempire le tasche dei padroni dell’energia sporca vestiti da benefattori green.

Quale modello possibile?

Prendiamo ad esempio la realizzazione della più grande comunità energetica siciliana a Palermo, i cui lavori sono prossimi all’avvio, che è esplicativa della gestione vincente in questo nuovo settore di mercato: il privato (in questo caso Prima Energia Srl) che reclama la sua fetta di torta sul piatto del “sostenibile”: piuttosto che piccoli impianti sui tetti, piuttosto che utenze domestiche di pronto utilizzo, nell’ex zona industriale di via Messina Marine verrà ricoperti di pannelli un’area di 10 mila metri quadri. Attorno, una delle zone popolari con più carenza di servizi e infrastrutture come quella di Brancaccio. In ogni caso, i progetti sul campo (e non si entusiasmino gli ambientalisti liberal per gli aiuti stanziati da Musumeci per le comunità energetiche lo scorso ottobre) vanno in direzione opposta rispetto all’unica esigenza vera per invertire la tendenza attuale: bisogna allora decentralizzare la produzione dell’energia, ovvero metterla in mano alle comunità, programmare la gestione delle risorse fuori dal fossile in base alle necessità, territorio per territorio. Questa è l’unica scommessa utile, ma dannosa per la macchina di morte e sfruttamento del capitalismo. Non stupisce infatti che su questo sentiero non voglia addentrarsi nessun funzionario né tecnico né politico della classe dirigente parassitaria attuale.

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