Qualcosa è successo. Sulla visita indesiderata di Salvini a Messina
Il mese di Maggio a Messina si è chiuso con la visita non gradita del Ministro delle infrastrutture Matteo Salvini. In città per la presentazione itinerante dei progetti infrastrutturali: “L’Italia del Si 2023-2032 – progetti e grandi opere in Italia”. Dove? Chiuso su una nave insieme a pochi invitati. Come, d’altronde, la sera prima. Con una cena a porte chiuse per i fedelissimi di Nino Germanà (senatore messinese della Lega).
La mattina del 31 maggio i No Ponte non si sono fatti trovare impreparati e, in molti, si sono ritrovati nei pressi della banchina del porto dov’era attraccata la nave della Guardia Costiera.
Ma qualcos’altro è saltato di più all’occhio quella mattina…
È diventato chiaro ed evidente l’obiettivo primario di questo governo e delle aziende coinvolte per la costruzione del ponte sullo Stretto: l’occupazione dell’area dello stretto. Tram bloccati e viabilità totalmente in tilt a causa della definizione di una zona rossa con annessa esagerata militarizzazione del centro di Messina.
Quella giornata ha quindi inaugurato una nuova fase dello scontro sul ponte sullo Stretto. Per la prima vota, infatti, si sono blindati con grande dispiegamento di forze. È un fatto significativo. Fino ad oggi erano stati convinti di scendere in un territorio pacificato, avevano pensato che sarebbe stato sufficiente portare qualche collanina per i locali per farsi benvolere, avevano scambiato la città per chi, magari, prova a farsi volere bene in attesa di qualche regalia. Si è capito, insomma, quanto abbiano paura.
Non degli attivisti, sia ben inteso. Ma di un sentimento no ponte largamente maggioritario. E sarà per questo che, a detta dei giornalisti, Salvini quella mattina non abbia indugiato tanto sul ponte, quanto sui cantieri che avrebbe promosso (figurati, tutta narrativa elettorale).
Cambia lo scenario
Il ponte non è più un cavallo elettorale vincente, se non per i super fedeli da portare a cena. È cambiato lo scenario, insomma. Adesso prevalgono le transenne e i furgoni della celere. Messina è la città del ponte, questa è la città in cui si vivrebbe se malauguratamente dovessero essere avviati i cantieri. In questa prospettiva si può leggere l’emendamento che minaccia decenni di carcere per chi prova a impedire la devastazione del territorio. Il ponte “opera strategica” è questo, un dispositivo militare, un nuovo lockdown per chi vive dalle nostre parti, con marciapiedi impediti e pass che ti autorizzano a passare.
La presenza dei no ponte quel giorno era importante per ricordare che loro sono quelli delle cene di Gala e degli incontri arroccati sulle navi e che i No Ponte saranno sempre quelli della partecipazione a viso aperto e della difesa di un intero territorio. Ma di conseguenza a quanto scritto sopra in relazione alla fase della controparte, anche per i No Ponte si apre una nuova fase.
Una nuova fase?
È il momento della riaffermazione del movimento No Ponte, come rappresentazione di un sentimento genuino e maggioritario nella società, ma soprattutto come strumento di costruzione di una forza sociale in grado di chiudere definitivamente la partita del Ponte e di contrastare le politiche repressive del governo Meloni.
Per fare questo non bastano le grandi manifestazioni e l’azione solitaria di ogni singolo/a comitato/assemblea/coordinamento non è più sufficiente ( o forse non lo è mai stata).
Forse i tempi sono maturi per provare a mettere a sistema le differenze di approccio, di pratiche, di visioni e posizioni, ecc. e mettere definitivamente da parte le logiche da “parlamentino” e inventare le nuove forme di aggregazione politica e sociale intorno alle istanze No Ponte. La congiuntura storica che stiamo attraversando ci dice che questo non è solo mero esercizio retorico, ma una necessità del presente.