Il veleno delle grandi opere
Il 21 ottobre scorso una pioggia torrenziale riempie d’acqua, fino a farle tracimare, le vasche dentro le quali veniva stoccato il materiale di scavo proveniente dalla galleria Sciglio, parte del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo. Le analisi delle acque che vanno nella rete idrica del Comune di Nizza di Sicilia effettuate nei giorni successivi danno valori di Arsenico superiori a quelli consentiti dalla legge (10 microgrammi per litro). In seguito a tali risultati il Sindaco del Comune della riviera jonica emette un’ordinanza che dichiara l’acqua che esce dai rubinetti dei nizzardi non potabile.
È solo, però, l’ultimo di una sequenza di eventi che avevano interessato il cantiere ferroviario nel quale opera il Consorzio che vede come mandante Pizzarotti e mandataria Webuild Italia.
A metà ottobre, infatti il Consorzio aveva comunicato al Sindaco di Nizza di Sicilia che i valori di Arsenico contenuti nei materiali di scavo erano superiori alla norma e sarebbero stati smaltiti presso una discarica autorizzata di Gela, ma già a febbraio una analisi delle terre di scavo presenti all’imbocco della galleria Nizza lato Catania aveva dato valori di 260 mg/kg, a fronte di valori ammissibili di 20 o 50 mg/kg a seconda che ci si riferisca a siti di carattere residenziale o commerciale/industriale, mentre già a luglio 2023 i valori dell’arsenico sarebbero stati di 79 mg/kg.
Nei primi giorni di ottobre la Procura della Repubblica ferma la TBM (la talpa che scava la galleria) e il cantiere di Nizza di Sicilia.
Da allora, ovviamente, è di molto aumentata la preoccupazione degli abitanti del paese della riviera jonica, ma ciò che è più importante è che per un anno a loro insaputa si stavano dando degli eventi che potrebbero dare vita ad un disastro ambientale o essere già classificati come tale. E’ questa, d’altronde, l’espressione utilizzata dall’esperto del Sindaco di Nizza nel corso dell’assemblea pubblica svoltasi nella sala consiliare del Comune il 30 ottobre, esperto che si è, peraltro, successivamente dimesso in disaccordo con le azioni (o non azioni) messe in atto dal primo cittadino.
La novità delle ultime ore è che il Sindaco di Nizza di Sicilia stia pensando di risolvere il problema della potabilità dell’acqua attraverso l’utilizzo di un nuovo pozzo privato che sembrerebbe non contaminato da valori troppo alti di arsenico.
Se così fosse e se i lavori necessari fossero a carico del bilancio comunale si tratterebbe, evidentemente, di un ulteriore caso in cui danni provocati da privati vengono sanati con risorse pubbliche, ma ancora più importante è capire come sia stato possibile che per oltre un anno nessuno si sia mosso e come sia stato possibile che i lavoratori abbiano continuato ad operare con quei valori di arsenico in materiali che oggi vengono valutati in 14.000 tonnellate.
La criticità della situazione è evidente, ma lo è anche lo stato di impasse in cui si trova il Consorzio.
Ciò che sta venendo fuori, negli ultimi giorni, dal punto di vista della comunicazione di parte istituzionale è che in fondo nelle montagne dentro cui la TBM scava c’è tanto arsenico (lo si sapeva già in fase di progettazione). E’ questo il messaggio che l’amministrazione del comune di Nizza di Sicilia ha voluto dare nel corso dell’adunanza pubblica del 3 dicembre, in occasione della quale a supporto di tale tesi sono intervenuti vari tecnici che si sono spinti fino al punto di considerare il problema un “non problema”.
Il tentativo sembra, insomma, quello di far apparire come “naturale” lo sforamento dai valori considerati come accettabili contenuti nelle tabelle della L. 152/2006 e la salute diventerebbe così una variabile sacrificabile.
Nell’incontro pubblico, però, il sentire comune degli abitanti non era certamente in sintonia con le “rassicurazioni” di amministratori e tecnici. Ancora meno rassicurante è stata l’ammissione da parte delle istituzioni locali della totale emarginazione rispetto alle decisioni che vengono calate sui territori amministrati.
I processi industriali ci hanno raccontato tante volte del primato degli interessi economici sulla salute degli abitanti e oggi assistiamo ancora una volta al compiersi di questa violenza: con mano stiamo toccando le conseguenze della pratica di occupazione del territorio da parte delle società di costruzione delle Grandi Opere.