Un anno dopo lo sgombero del consultorio: occupazione simbolica davanti al Comune di Catania
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa del Consultorio “Mi cuerpo es mio” di Catania
Dopo un anno di silenzio assordante alle richieste di soluzioni, nessuna risposta è stata data, nessuno ha sostenuto questa esperienza di ricchezza sociale e culturale.
Questo non ci sorprende, purtroppo, perché è il prodotto di una politica ipocrita, preda delle attese, dell’immobilismo burocratico, incapace di leggere i dati che vengono pubblicati ogni anno sulla violenza di genere.
Siamo qui per dire che tutto questo è violenza istituzionale!
Siamo qui per dire che, nonostante i tentativi di silenziare e neutralizzare, niente ci ha fermato!
Nell’ultimo anno, tante voci di cittadini/e, realtà e associazioni si sono alzate in difesa della nostra esperienza, riconoscendone il valore irrinunciabile e permettendoci di poter continuare a fare quello che facciamo.
I nostri sportelli si sono moltiplicati, così come le richieste di supporto. Grazie alla rete di volontarie professioniste in diversi campi, continuiamo a sostenere donne e soggettività vittime di violenza con supporto legale e psicologico, continuiamo a svolgere attività di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole, nelle università e nei luoghi pubblici, realizziamo eventi e iniziative culturali e sociali, supportiamo le donne in difficoltà economica con prodotti per la salute e rappresentiamo un ponte tra abitanti e strutture sanitarie e istituzionali.
Non nascondiamo, però, le difficoltà di operare in un contesto difficile fatto di mancanza di fondi e strutture, di miopia politica.
Dopo un anno, ci chiediamo:
Come mai si è preferito lasciare l’immobile abbandonato per un anno? Come mai le richieste di migliaia di persone in città di restituirlo ai progetti del Consultorio sono rimaste inascoltate?
Ci chiediamo, inoltre, come mai l’assessore alle pari opportunità Viviana Lombardo, che tanto abbiamo visto spendersi a parlare nelle giornate del 25 novembre, abbia taciuto davanti al violento sgombero e non si sia spesa per trovare delle soluzioni.
Noi chiediamo un tavolo di confronto immediato con i membri della Fondazione Ursino Recupero per chiarire pubblicamente la loro intenzione di destinare l’immobile ad “associazioni cattoliche della zona” e a Frontex, agenzia internazionale che si è macchiata più volte di violazione dei diritti umani nelle frontiere piuttosto che a un presidio contro la violenza di genere.