Sicilia, “Operazione scuole sicure”: più soldi per il controllo, meno per la formazione
Parte l’operazione Scuole sicure 2019/2020 e alla Sicilia andranno 304 mila euro per i quali i comuni dovranno presentare richiesta alla Prefettura. Il contributo, che si compone di una quota fissa di 20.000 euro identica per tutti e di una quota variabile commisurata alla popolazione residente al 1° Gennaio 2018, potrà essere destinato nel prossimo anno scolastico alla realizzazione di sistemi di videosorveglianza (che non abbiamo già beneficiato di forme di contribuzione pubblica), all’assunzione a tempo determinato di agenti di Polizia locale, al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale della Polizia locale, all’acquisto di mezzi ed attrezzature e alla promozione di campagne informative volte alla prevenzione e al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti. Non importa se gli studenti siciliani, 729mila tra bambini e ragazzi nell’anno scolastico 2018/19, fanno scuola in edifici che non sono in regola con le norme antisismiche e di sicurezza; in Sicilia l’85 per cento degli edifici scolastici sono situati in zone sismiche 1 e 2, ma a fronte di tale collocazione geografica appena il 26 per cento delle scuole siciliane ha effettuato le verifiche sismiche. Non importa se gli studenti siciliani frequentano scuole che non solo non sono in regola con le certificazioni ma sono anche troppo vecchie: sono state costruite fra la fine degli anni ’40 e la metà degli anni ’70. Non importa se gli studenti siciliani ogni giorno entrano in scuole con le crepe sui muri, l’umidità al contro-soffitto, gli estintori senza alcuna manutenzione da anni, con il rischio che possa accadere il peggio, come poco più di un anno fa accadeva nella scuola primaria di Palermo Ragusa Moleti, dove si è sfiorata la tragedia a causa del crollo di parte del tetto.
Pare infatti che per l’attuale governo rendere le scuole sicure non significhi affatto impedire che crollino ma riempirle di telecamere e polizia locale. Le scuole siciliane insomma possono anche crollare, d’altronde sono sempre meno gli studenti che le frequentano, l’USR parla di circa 15 mila studenti in meno per l’anno in corso e di 84mila negli ultimi dieci anni, una fuga costante dai banchi di scuola che, visti i dati sull’emigrazione dall’Isola, non stupiscono affatto. Sempre meno saranno anche gli investimenti pubblici sull’istruzione visto che con la regionalizzazione della scuola andranno ricalcolati i fondi di ciascuna regione legandoli a “fabbisogni standard” definiti in base al gettito fiscale di ogni regione.
Meno soldi per la formazione e per la sicurezza vera delle nostre scuole e più soldi per il controllo, sembra essere questo il futuro dell’istruzione pubblica in Sicilia.