CCNL metalmeccanici. Fincantieri Palermo: cosa esce dall’urna?
È terminato il voto sull’ipotesi d’accordo del CCNL dei metalmeccanici. Il dato italiano fornito dalla commissione elettorale di FIM-FIOM-UILM è quello di un 80% di preferenze sul SI, quindi della validazione dell’accordo da parte dei lavoratori. Per quanto riguarda Palermo, FIM-FIOM-UILM parlano di un SI attestato intorno al 85% su tutta la provincia.
Ma è dallo storico stabilimento palermitano di Fincantieri che arriva un segnale tutt’altro che positivo per i sindacati dei metalmeccanici. Le maestranze palermitane hanno espresso un NO che ha raggiunto il 47% di preferenze, in una fabbrica dove la sindacalizzazione è pressoché totale ed in buona sostanza monopolizzata dalle organizzazioni confederali, le stesse che hanno illustrato l’accordo come positivo.
Il risultato richiede un’approfondita analisi, avendo bene in mente che mai nella centenaria vita del cantiere navale palermitano una proposta presentata, sponsorizzata e spinta da FIM-FIOM-UILM (nonché da Fincantieri) venisse bocciata quasi in toto dai lavoratori.
Il dato che salta subito agli occhi, già evidenziatosi nelle infuocate assemblee del 13 Dicembre (disertate dagli esponenti nazionali sindacali), è quello di una crescente sfiducia che sempre di più si trasforma in rabbia verso i sindacati confederali; una rabbia che questa volta ha travolto anche la FIOM, la quale per la cronaca si è presentata spaccata in assemblea con una parte della RSU che si è pronunciata per il no.
Proprio sulle spalle della FIOM palermitana grava il peso di questo NO. Una FIOM che evidentemente non ha saputo leggere quello che sempre di più va delineandosi fra il corpo operaio del cantiere, il quale ha infatti vissuto come una resa o addirittura un tradimento la firma all’accordo; non è un caso che i NO coincidano perfettamente col numero d’iscritti che il sindacato guidato da Landini ha nel cantiere navale.
Il chiaro risultato uscito dall’urna, rispedisce al mittente la tesi portata avanti dai funzionari sindacali in assemblea che parlavano di un unico accordo possibile vista l’imperante presenza della crisi che sta colpendo da anni il tessuto industriale produttivo.
Beh, dalle nostre parti si è sempre lavorato in “crisi”; cassa integrazione, minacce di licenziamenti, assoluta mancanza d’investimenti sono una costante con cui da sempre si misurano gli operai palermitani, i quali, lungi dall’abboccare all’amo, dimostrano ancora una volta quanto lontane dalle loro idee siano le decisioni prese sulla loro pelle da teste che si trovano magari a migliaia di chilometri di distanza.
Ancora una volta quindi, abbiamo assistito ad un importante presa di posizione, che in continuità con le vicende dei mesi passati (integrativo aziendale, contestazione a Renzi) vede posizionare i lavoratori palermitani su una rotta indipendente e contraria da chi pensa facilmente di addomesticarli.
Una grana non da poco per la roccaforte operaia cittadina, unica realtà capace di scendere in piazza con numeri importanti e spesso con pratiche conflittuali che vanno oltre le solite sfilate; una realtà che adesso mostra chiari ed inequivocabili segni di sofferenza verso le burocrazie sindacali, in un rapporto, quello tra lavoratori e sindacato, che sempre di più sembra ridotto ad un rapporto tra un cliente ed un ente che offre servizi.
Ai sindacati firmatari rimane adesso questo pesante fardello, quello della gestione di un pessimo contratto che inevitabilmente avrà ripercussioni negative sulla vita lavorativa dei lavoratori, che a loro volta presenteranno un conto che dalle premesse potrebbe essere molto salato….