La storia edificante di una banca siciliana
Nell’attuale crisi bancaria fa spicco la vicenda di Banca Nuova. Una storia senz’altro emblematica dell’aggressione alle economie territoriali portata avanti dalla finanza nazionale e internazionale. Vediamo di che storia si tratta: fondata nel 2000, Banca Nuova ha la propria sede centrale a Palermo e vanta oltre 100 sportelli disseminati per tutta la Sicilia e parte della Calabria. Nei pochi anni di vita, questa banca ha superato la siciliana Unicredit (ex-Banco di Sicilia), rastrellando una clientela con l’abbaglio delle sue sedi sfarzose e l’inganno della sua finta prodigalità. Tra gli “obiettivi strategici” che la banca andava sbandierando, c’era quello di aiutare le piccole e medie imprese siciliane che avevano difficoltà di accesso al credito (cioè tutte).
La Banca Nuova è in realtà una costola della Banca Popolare di Vicenza: un mostro finanziario con la bocca in Sicilia e lo stomaco a Vicenza. Il recente crack della Banca vicentina e le traversie giudiziarie del suo presidente usuraio Zonin, hanno portato alla ricapitalizzazione della banca, imposta dalle inflessibili norme della BCE (matrigna di tutte le banche europee). La banca di Zonin, lo stomaco, rispose alla richiesta emettendo azioni di 62,5 euro ciascuna, per un valore complessivo di circa 1 miliardo. La porzione più consistente di queste azioni, il cui valore singolo effettivo è stato stimato a poco più di 10 centesimi, venne “smistata” su Banca Nuova, la bocca, che pensò a sua volta di smistarla ai clienti siciliani, con le buone o le cattive. Oltre che con l’inganno, la vendita delle azioni il più delle volte è stata imposta col ricatto. Un esempio: ai piccoli imprenditori che chiedevano denaro, Banca Nuova imponeva l’acquisto di pacchetti di azioni “fasulle” del signor usuraio, Zonin.
I benefici alla piccola e media impresa tanto esaltati, si rivelarono presto dei potenti acceleratori della crisi economica siciliana. I risparmiatori siciliani che si erano affidati a questa banca (e non sono pochi) stanno già pagando di tasca propria il default della Banca Popolare di Vicenza. Come può essere? Semplice: la banca palermitana acquista le azioni di quella vicentina e, consapevole di non avere nulla in mano, le rivende ai suoi clienti con l’astuzia e con la forza; presto quelle azioni crollano e ai clienti resta meno che un pugno di mosche.
Tra i truffati, diverse aziende siciliane piccole e medie. Come sono state bidonate? Semplice anche questo: per erogare il prestito, la banca palermitana imponeva agli imprenditori che chiedevano moneta, l’acquisto di pacchetti di azioni della moribonda banca vicentina. Un solo caso per tutti: perché potesse essere soddisfatta la sua richiesta di un prestito di 400 mila euro, un imprenditore ha dovuto acquistare 100 mila euro di azioni dell’usuraio Zonin (possiamo parlare di un tasso d’interesse superiore al 25%?).
La gran parte dei raggirati sono piccoli risparmiatori, il più delle volte folgorati dallo spietato mito del facile guadagno. La crisi bancaria si è scaricata su di loro, certamente nel rispetto delle politiche finanziarie europee e nazionali (delle regole, ad esempio, del “Fondo europeo di Risoluzione” o del “Fondo Atlante” uscito dalla mente di Matteo Renzi). I risparmiatori siciliani sono stati la preda che dalla bocca palermitana è finita nello stomaco di Zonin: come la pensionata, che ha visto sparire i risparmi, consistenti in alcune migliaia di euro, messi da parte per pagarsi delle cure mediche; o come i risparmiatori le cui azioni da 62,5 euro sono precipitate a 48 euro e adesso minacciano di diventare carta straccia – vendibile a 10 centesimi. Considerando che alcune aziende prive di liquidità si vedono già costrette a chiudere i battenti, a pagare la crisi bancaria sono anche i lavoratori di quelle aziende. La folla di frodati si allarga ancora, se si pensa ai dipendenti di 15 filiali siciliane di Banca Nuova che stanno per essere licenziati, a seguito di un’ormai prossima “ristrutturazione”. Perfino la FISAC, il sindacato assicurazione e credito, per bocca di Francesca Artista del direttivo nazionale, riconosce che la crisi di Banca Nuova «incide significativamente sull’economia di un territorio per anni preda delle banche del nord venute a ‘fare raccolta’ concedendo poco, di un’area che soffre ancor di più del resto d’Italia per la crisi economica internazionale». Ne basta e ne avanza!