Autonomia differenziata: il PD continua il lavoro della Lega

Autonomia differenziata: il PD continua il lavoro della Lega

Negli ultimi giorni si è riaperto il dibattito sull’autonomia differenziata. Il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia del Partito Democratico, vuole continuare il lavoro della Lega fatto nel precedente governo e accelerare le procedure per dare il via definitivo a quello che abbiamo più volte definito il “golpe dei ricchi”. Boccia vuole inserire l’approvazione della legge quadro nel disegno di legge di bilancio. Un semplice emendamento che permetterebbe di ridurre ai minimi termini il dibattito parlamentare e che porterebbe l’approvazione dell’autonomia differenziata con voto di fiducia. Su questo c’è, al momento, lo stop di Italia Viva, Leu e M5S.

Sull’autonomia differenziata c’è una bozza di intesa uscita dall’ultima conferenza Stato-Regioni. Su come mandare avanti il provvedimento, però, il governo si divide. O almeno questa è l’impressione che vogliono dare. Così com’è, la bozza non prevedere nessuna sostanziale modifica rispetto alle pretese di Zaia e Fontana. Accontenterebbe anche Bonaccini e il Partito Democratico emiliano.
Niente di concreto c’è sull’assegnazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) né sul calcolo dei fabbisogni standard. Dalla bozza emerge che l’intenzione di Boccia è far partire l’intesa con le regioni entro gennaio. Un’intesa che partirebbe anche senza i LEP. Questi, infatti, secondo la bozza potranno essere definiti entro dodici mesi dalla firma dell’intesa tra Stato e Regioni. Superati i termini, il calcolo andrebbe fatto su base storica. Un eventualità da evitare a ogni costo.

Per quanto riguarda la scuola, Boccia fa il finto tonto. Dice che non ci sarà la regionalizzazione della scuola, che la scuola è unica e così continuerà a essere. Ma apre alla possibilità di concedere ai territori ulteriori facoltà sull’organizzazione dei plessi e sulla realizzazione di concorsi con vincolo di residenza per garantire la continuità didattica.

Come si dice spesso cambiano i ministri ma non la minestra. Il partito democratico ha tutta l’intenzione di chiudere un accordo che, come abbiamo già ampiamente detto, cambierebbe ulteriormente l’assetto istituzionale, economico e sociale dello Stato Italiano. Un accordo che sancirebbe la fine definitiva dello Stato come distributore di risorse su tutto il territorio nazionale. Al contrario, lo Stato diventa il dispositivo attraverso il quale si spostano le risorse, la forza lavoro intellettuale e manuale dal sud e dalla Sicilia al nord. In questo quadro non può esistere un partito nazionale che possa fare gli interessi del sud. Perché il suo ruolo sarebbe (ma nei fatti è già così) compatibile con gli interessi che lo Stato assume.

E, infatti, l’accordo consentirebbe a una città come Venezia di ricevere 5 miliardi e mezzo più 150 milioni l’anno per dieci anni. In tutto il sud arriverebbero solo 300 milioni di euro l’anno per 10 anni attraverso il fondo di perequazione che serve per combattere il divario infrastrutturale tra nord e sud. Non c’è altro da aggiungere, i numeri parlano da soli.

Anche il PD, dunque, è disposto a sacrificare il sud per blindare un accordo che farebbe comodo anche all’Emilia Romagna e che porterebbe acqua al mulino dei dem in vista delle prossime elezioni nella regione. Ma questo non ci meraviglia. Possiamo tranquillamente ribadire che anche il Partito Democratico è nemico del sud e della Sicilia. Nonostante non goda del retroterra culturale anti-meridionale di cui gode la Lega, nei fatti continua a proporre e incentivare politiche che sono dichiaratamente contro di noi. Con buona pace, pure, del ministro per il sud Giuseppe Provenzano che si sforza tanto per sembrare interessato alle condizioni del meridione. L’apparenza si scontra con la realtà dei fatti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *