15 miliardi sulle spalle dei giovani siciliani
15 miliardi di euro tra debiti e disavanzo. È questo il fardello che la Regione Siciliana si porta addosso. Non è difficile diagnosticarne la causa nella cattiva gestione, nelle clientele, nella corruzione. Sono addirittura i massimi vertici della politica regionale a dirlo. Il Governatore della Sicilia Nello Musumeci si è spinto fino al punto di addebitarne la responsabilità anche al popolo siciliano nel suo complesso, accusato di avere “goduto” dei rapporti clientelari con la rappresentanza politica e di avere prodotto, attraverso il voto, i rappresentanti politici che di volta in volta si sono avvicendati al Governo della Regione, determinandone il disastro.
La grave crisi in cui versa la Regione, certificata dalla bocciatura del rendiconto 2018 da parte della Corte dei Conti, si rifletterà sulla altrettanto grave crisi in cui versano gli enti locali siciliani (Comuni, Città Metropolitane, Liberi Consorzi). Ai tagli necessari a stare dentro le politiche di rientro dal disavanzo già in atto sarà necessario aggiungere ancora più di un miliardo di euro, da recuperare in tre anni oppure in dieci, a seconda che vadano o meno in porto le richieste di più tempo su cui spalmare il debito.
Musumeci ha investito in prima persona il Primo Ministro Giuseppe Conte del fatto che se il Governo non darà maggior tempo alla Sicilia per il risanamento finanziario i necessari tagli al bilancio non potranno che avere riflessi negativi sui trasferimenti dalla Regione ai Comuni. Non sarebbe una novità, visto e considerato che negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a una contrazione dei trasferimenti dalla Regione ai Comuni da quasi un miliardo di euro a circa un terzo. Va detto, peraltro, che la contrazione è stata contemporanea a quella ancora più accentuata avvenuta nell’ambito dei trasferimenti dallo Stato ai Comuni.
La riduzione dei trasferimenti dal centro alla periferia ha indotto negli enti locali la necessità di incrementare il peso dei tributi sui cittadini, in un contesto in cui è diffusa la ridotta capacità di riscossione dei tributi dei Comuni siciliani e questo, in seguito alle modifiche nella formazione dei bilanci, genera un ingessamento degli stessi e una minore capacità di spesa. Ci troviamo, insomma, in un meccanismo che si avvita su se stesso innescando spirali recessive al quale il Governo regionale risponde solo attraverso la richiesta di un ulteriore allungamento del rientro dal debito. La strategia del Governo regionale e dei Comuni nei confronti del debito ha, dunque, un carattere fortemente penalizzante dal punto di vista generazionale. In una regione dalla quale i giovani sono sottoposti a una emigrazione forzata a causa della desertificazione produttiva, gli amministratori piuttosto che affrontare i nodi politici strutturali della formazione del debito, si autoassolvono garantendosi la propria auto-replicazione attraverso la dislocazione nel tempo della massa debitoria. Bisognerebbe abbattere il debito e liberarsi dei partiti che lo hanno generato. E, invece, si chiede alle giovani generazioni di pagarne ancora il prezzo.