Catania: la porta del Fortino
Con l’articolo di questa domenica iniziamo un viaggio tra le porte delle città siciliane.
Iniziamo con Catania, approfondendo le caratteristiche e i richiami simbolici della cosiddetta Potta ‘U futtino (Porta Ferdinandea).
Le Porte di Catania, costruite in diversi momenti storici, erano le vie d’ingresso alla città attraverso la sua cinta muraria. La maggior parte di esse venne demolita o andò perduta dopo l’eruzione dell’Etna del 1669. Diverse sono quelle costruite prima dell’eruzione: Porta della Decima, Porta di Carlo V, Porta de Vega, Porta di Ferro, Porta di Sardo, Porta della Consolazione, Porta del Sale ecc. Tra le porte commemorative, ricavate sulle mura di difesa superstiti della città, ricordiamo Porta Uzeda e la porta popolarmente conosciuta come ‘A potta ‘U futtino (Porta Ferdinandea, poi chiamata Porta Garibaldi). Sono state entrambe costruite dopo l’eruzione, non fungono da varco per accedere alla città, ma svolgono una funzione estetica e di rappresentanza.
Inaugurata come Porta Ferdinandea, dai catanesi venne battezzata come Porta del Fortino e tutt’ora è così appellata. Questo nome popolare deriva dalla presenza di un fortino costruito dopo la rovinosa eruzione lavica del 1669 per fortificare la città ritrovatasi senza difese sul lato occidentale.
Sita tra Piazza Palestro e Piazza Crocifisso, alla fine di via Garibaldi, fu eretta nel 1768 su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia per commemorare le nozze di Ferdinando di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Un tempo era una delle più importanti vie d’accesso della città per il commercio che si svolgeva da e per la Sicilia Occidentale, durante tutto il giorno si poteva assistere al passaggio di numerosi carretti di contadini che vi transitavano per recarsi a lavorare nei vasti campi della “Piana”.
La porta del Fortino è una meravigliosa testimonianza del fervente barocco catanese. L’elegante bicromia del nero della pietra lavica e del bianco della pietra di Lentini la rendono unica.
La Porta presentava ai lati due torrioni semiconici, mentre l’intera piazza riprendeva il gusto bicromo della Porta, cui pure faceva da contraltare una coppia di egide con le armi borboniche poste a ingresso della piazza (oggi piazza Palestro) sul lato opposto alla Porta. L’intero apparato decorativo esterno a essa, però, venne demolito nel corso del XIX e degli inizi del XX secolo, così che oggi di quell’aspetto non restano che stampe settecentesche e sbiadite foto degli inizi del XX secolo.
Porta Ferdinandea è ricca di simboli legati alla città: Sant’Agata, l’elefante e la fenice simbolo mitologico di rinascita.
L’iscrizione “Melior de cinere surgo” che si legge sotto l’arco significa “rinasco migliore dalle ceneri”, motto della costruenda città che sintetizza la fierezza e la tenacia di Catania e dei catanesi che, per motivi bellici o calamità naturali si sono ritrovati instancabili a dover ricostruire sempre più bella la propria città.
La Porta è un simbolo della città che domina imponente in un quartiere ad alta densità popolare, gremito di viuzze che si snodano tra le case basse, le cui facciate sono provate dal tempo. È protagonista anche durante la festa di Sant’Agata con “‘U focu ddu futtinu” che è uno degli appuntamenti clou.
La Porta del Fortino è presente anche in alcune leggende e modi di dire della tradizione popolare. Per citarne alcuni il detto “Su passi du futtinu e non si arrubbatu: Puddu Cisca, o e’ ‘ngalera o è malatu”, o ancora “Passannu sutta l’arcu d’u futtinu/ ti trovi di Palestru ‘nta lu chianu/ e senza fari chiù tanti vaneddi/arrivi drittu drittu ‘e tri canceddi”. Quest’ultimo legato al fatto che proprio la Porta del Fortino era il luogo di scioglimento dei cortei funebri data la sua vicinanza al cimitero.
Ottimo articolo.