Cleopatra e i gladiatori
La signora Renata Polverini, che oggi siede alla Camera dei deputati dopo aver diretto la regione Lazio nella veste di Cleopatra tra i gladiatori, ha presentato un’interrogazione al ministro della Sanità e a quello degli Interni. Sollecitata dalle sue memorie di attivista nel vecchio sindacato fascista CISNAL e dalle sue frequentazioni in Casa Pound, la Polverini si domanda «Cosa succede negli ospedali siciliani? Perché queste aggressioni continue a medici e infermieri? Cosa pretendono i malati siciliani e le loro famiglie?» Cleopatra Polverini, che ne sa una più del diavolo, una via d’uscita ce l’avrebbe. E allora indirizza la sua interrogazione anche al ministro della Difesa, a cui consiglia di far presidiare gli ospedali siciliani dall’esercito: si aduni qualche battaglione, lo si addestri nei corpo a corpo e lo si sparpagli nei nosocomi, nei pronto soccorso e negli ambulatori siciliani. Quale compito avrebbero questi gladiatori? Nessuno; già solo la loro presenza incuterebbe timore nelle teste calde dei siciliani, argomenta la Polverini. Tutto qui? Sì, tutto qui, risponde prontamente al ministro.
E invece no. Ad altro mira la signora Cleopatra.
La sua interrogazione non rispecchia solo una concezione del mondo, dove campeggiano i ricordi del Duce che trasformava gli ospedali in caserme, ma anche una visione distorta delle cose, per cui i conti con le crisi si fanno mettendo in campo forza repressiva. Se i malati siciliani non si piegano alla malasanità peggio per loro! bisbiglia Cleopatra all’orecchio dei suoi gladiatori.
oi, per contentare Cleopatra dovremmo plaudire al Governo, che degli oltre 5 miliardi di euro l’anno assegnati per legge alla Sicilia ne manda solo 2,2; oppure dovremmo perdonare alla Regione, che al corto di moneta paga i suoi mutui e il personale Sas con i pochi fondi rimasti alla sanità.
Per contentare Cleopatra non dovremmo sapere che il Civico di Palermo, con i suoi 750 posti letto, registra oltre 100 mila accessi l’anno; il che significa che un malato ha a disposizione mediamente due giorni e mezzo di letto in ospedale, il resto dovrà passarlo in barella, su una sdraio sgangherata o a terra.
Per contentarla, dovremmo aspettare ore e giorni nei pronto soccorso senza fiatare; se poi capitassimo tra i fortunati col codice rosso, dovremmo pregare perché nella lunga attesa il cuore non si arresti o il fegato non cessi di funzionare.
Noi però, cara Polverini, non intendiamo proprio accontentarla. Tutt’altro: a noi non piace il sistema sanitario che Lei ha in mente prima di tutto perché è di classe, non nel senso dell’eccellenza ma in quello della discriminazione. Noi preferiamo un sistema sanitario popolare, aperto a tutti, uguale per tutti, gratuito per tutti, salutare per tutti. Un sistema che non esasperi gli animi dei malati, dei medici, degli infermieri. Un sistema concepito per chi ha bisogno di cure, non per chi mette a profitto la malattia.