Infrastrutture e sviluppo in Sicilia: le chiacchiere dei partiti nazionali
Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare delle condizioni drammatiche in cui versa il sistema infrastrutturale siciliano. Gli autotrasportatori hanno espresso il disagio causato dalla deviazione sulla A19 per l’instabilità di un viadotto. A Messina si è tenuta una manifestazione di protesta per l’inefficienza del CAS e le condizioni in cui versano la A18 e la A20. In entrambe le occasioni, molti hanno preso parola. Persino il Presidente Musumeci – mentre veniva lanciata la manifestazione contro il CAS – ha avuto il coraggio di attaccare l’Anas sulle condizioni dell’A19. Siamo alle comiche. È venuto anche il Ministro Provenzano – in giro per l’isola in vista delle prossime elezioni amministrative – a dirci che bisogna investire nelle infrastrutture per salvare la Sicilia e fermare l’esodo. Ha scoperto l’acqua calda, verrebbe da dire. In sintesi, un tema all’ordine del giorno che continua, però, a essere affrontato da politici e governanti locali e nazionali con le chiacchiere, le promesse e gli annunci. Mai con i fatti.
Come se non bastasse, in questi giorni alcuni hanno tirato nuovamente fuori il ponte sullo stretto di Messina. Salvini l’ha utilizzato nel suo tour siciliano dopo la stretta di mano con Musumeci e prima della stretta con Miccichè. Per lui il ponte si deve fare, ma con i soldi privati, non con quelli pubblici. Quelli, non sia mai, devono restare in Veneto e Lombardia. Anche la messinese Elvira Amata di Fratelli d’Italia è tornata a esprimersi a sostegno dell’opera. Lei, però, fa parte di quelli che dicono che si può realizzare con i soldi comunitari, i fondi strutturali. Ai sussulti dei politici seguono quelli dei tecnici (o lobbisti, chiamateli come volete) che vorrebbero avere un ruolo nella mangiatoia per parassiti che la grande opera arriverebbe a generare.
Mentre le chiacchiere, gli annunci e le promesse mai mantenute corrono e si susseguono, le condizioni delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità peggiorano. Uno studio del Comitato Pendolari Siciliani, riportato qualche giorno fa su La repubblica, ha fatto emergere che negli ultimi 20 anni il tempo di percorrenza delle principali tratte è aumentato. Per fare un esempio: nel 2000 il treno Catania-Messina, per arrivare a destinazione, ci metteva 1 ora e 30 minuti, adesso ci mette 1 ora e 45. Nonostante questo – e tante altre inefficienze – il 1° gennaio 2020 il prezzo dei biglietti di Trenitalia, in Sicilia, è aumentato del 10%. Con buona pace dell’assessore Falcone e del presidente Musumeci.
Ciò che risulta paradossale è l’accostamento tra sviluppo, infrastrutture e ponte sullo stretto. Ciclicamente è un tema che viene rimesso al centro della discussione. Hanno talmente poco interesse per le nostre condizioni di vita e per le sorti dei nostri territori, che piuttosto che mettere i soldi veri per rendere degne le nostre infrastrutture, preferiscono continuare a proporre – come unica soluzione alla disastrosa condizione economica del Sud e della Sicilia – la realizzazione di un’opera che sanno perfettamente essere irrealizzabile.