Per un «Cambio di passo»
Cateno De Luca aveva un compito nella storia di Messina. Quel compito era liberare definitivamente il campo dalle forze politiche che hanno condotto la città a uno stato di indebitamento insostenibile, di paralisi amministrativa, di marginalità politica. Quel compito De Luca lo ha portato a termine.
Con il pacchetto di delibere finalizzato al risanamento dei conti del Comune che ha chiamato Salva-Messina ha spaccato il quadro politico cittadino. Con un anno di azione amministrativa ha ridicolizzato “quellicheceranoprima”. Con il documento “Cambio di passo” – è difficile chiamare delibera quel testo – attraverso il quale intende imprimere il “turbo” alla sua azione amministrativa, ha sfarinato ciò che restava dei gruppi consiliari e dei riferimenti politici di questi.
Con il “Cambio di passo”, però, De Luca cercava una maggioranza politica. E quella non l’ha avuta. Il testo approvato in aula è molto distante dall’originale, che aveva, a tutti gli effetti, il carattere della mozione di fiducia. Alla fine ha trovato 16 voti e mezzo (mezzo può essere considerato il pronunciamento favorevole del presidente del Consiglio Comunale che, però, come da prassi, si è astenuto), ma quei voti sono determinati più dal terrore dei consiglieri comunali di andare nuovamente a elezioni che da una reale condivisione politica. Certo, è anche vero che, come ha giustamente rilevato il Sindaco, alcuni NO erano dei SI, dei “vorrei ma non posso”, obbligati dagli ordini di scuderia o dalla sfrontatezza delle dichiarazioni del primo cittadino.
Quello che ne viene fuori complessivamente è una dichiarazione di resa del Consiglio Comunale. Da questo momento non avrà più neanche senso, se mai ne abbia avuto, seguirne i lavori. Questo ha, infatti, completamente perso ogni elemento di rappresentatività dei bisogni della città. Ciò che ne è venuto fuori è stato un comportamento meramente auto-referenziale finalizzato a continuare il mandato.
De Luca ha capitalizzato nel momento più alto del suo consenso e nel momento in cui di più possono essere esibiti risultati che dovranno essere portati a verifica, sia sul piano del risanamento finanziario, sia sul piano degli investimenti per la città.
Essere bravi a descrivere il proprio operato dal punto di vista finanziario-contabile (e De Luca bravo lo è certamente) non equivale a raggiungere gli obbiettivi prefissati. Saranno i riscontri a dirlo.
Così come l’annuncio dei fondi rinvenuti o intercettati deve diventare percepibile dalle persone, deve essere direttamente percepito da chi vive la città e ne soffre tutte le inefficienze, le carenze infrastrutturali, i servizi modesti.
Un uomo solo al comando non è, però, mai un buona cosa. Peggio quando questo potrebbe avvenire con la tentazione di riscuotere il sacrificio fatto da parte di chi gli ha portato i voti in aula, magari spaccando con il proprio partito. Rimane vuoto, insomma, il campo della politica e l’amministrazione senza la politica diventa autoritaria. La politica, insomma, non può che essere rifondata nella società. La partita politica, il conflitto politico, senza il quale non c’è democrazia, non può che uscire fuori dal Consiglio Comunale, ormai svuotato di significato e contenuti.
Nel suo programma elettorale Cateno De Luca aveva inserito la costituzione dei comitati civici, 50 comitati civici in altrettanti quartieri, villaggi, rioni della città. Il comitato civico non è un’articolazione amministrativa, è un luogo della discussione, dell’elaborazione di progetti, di esercizio di rivendicazioni, di sintesi dei bisogni del territorio. Quei luoghi potrebbero diventare il posto in cui la politica si rifonda. Col tempo, certamente. Passando attraverso sperimentazioni. Questa potrebbe essere la sfida politica del futuro. Questa è la provocazione che la città potrebbe mandare a un sindaco rimasto solo al comando.