Si scrive corruzione, si legge sistema dei partiti italiani
La politica siciliana è sotto la lente d’ingrandimento delle procure.
Oltre la notizia degli arresti dei consiglieri palermitani Sandro Terrani e Giovanni Lo Cascio della giunta Orlando, c’è un’inchiesta da 100 indagati riguardo le elezioni regionali e comunali del 2017. La procura ha scoperto un intero sistema fondato su favori e promesse di posti di lavoro in cambio di voti. Coinvolti ex coordinatori della Lega, l’ex governatore Totò Cuffaro, assessori regionali, sindaci e deputati dell’Assemblea regionale siciliana. Tra gli altri: l’attuale assessore al Territorio, Toto Cordaro, e il capogruppo all’Ars di Diventerà Bellissima, Alessandro Aricò.
Infine, come se fosse una gara a chi fa peggio, è arrivata la notizia di un’ulteriore inchiesta che, in questo caso, riguarda funzionari e dirigenti regionali che avrebbero messo in piedi una strutturata organizzazione volta all’accaparramento di fondi europei. Ventiquattro misure cautelari, di cui quattro custodie cautelari in carcere, dodici arresti domiciliari e otto obblighi di dimora. È stato disposto anche il sequestro preventivo di quattordici imprese, tre con sede in Ungheria, Austria e Romania, per un valore di circa 24 milioni di euro, e il sequestro, anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per oltre 12,5 milioni di euro. L’accusa è, a vario titolo, di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, falso in atto pubblico, rivelazione di segreto d’ufficio, soppressione e occultamento di atti pubblici.
Si tratta, in particolare, di fondi nel campo dell’agricoltura relativi al Programma di sviluppo rurale Sicilia per gli anni 2007/2013 e 2014/2020 che ruotano intorno all’Ipa, l’ispettorato provinciale dell’Agricoltura della Regione Siciliana. Gli arrestati avrebbero truffato l’Ue accaparrandosi fondi per 12,5 milioni di euro e sarebbero stati pronti a incassare altri 3,5 milioni del Piano di Sviluppo rurale dell’assessorato regionale all’Agricoltura.
Il Piano di Sviluppo rurale è lo strumento attraverso il quale la Regione siciliana distribuisce i finanziamenti comunitari del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale.
La corruzione come fatto strutturale
Tre maxi inchieste, nel giro di poche settimane, che investono la giunta di governo del copoluogo della Sicilia e il Governo della Regione. Tre inchieste in cui risultano coinvolti politici, dirigenti, e funzionari. La cosa, ovviamente, non ci sconvolge. Questi fatti, però, ci dicono – ma sarebbe meglio dire ci ricordano – che la corruzione non ha colore politico, non è né di destra, né di centro, né di sinistra. E i vari casi che nel recente passato hanno interessato magistrati, forze dell’ordine e personaggi di spicco dell’antimafia, ci dicono che la corruzione interessa a vari livelli tutti le stratificazioni istituzionali, burocratiche e amministrative dello Stato Italiano.
Ogni volta viene giocata la carta delle mele marce. Quante volte l’abbiamo sentita dire? « Se nella magistratura – nei servizi segreti, nelle forze dell’ordine, in confindustria, nell’antimafia – ci sono delle mele marce, queste verranno individuate e pagheranno con le pene appropriate». Ormai non ci crede più nessuno.
La corruzione non è l’eccezione. La corruzione si insidia ovunque ci sia ricerca del vantaggio economico, del profitto, della difesa e dell’espansione della proprietà privata. È necessaria normalità per chi deve garantire ricchezze e mantenere diseguaglianze. La corruzione c’è perché la nostra società, il sistema capitalistico italiano, è basata su questo. Non è lo strappo alla regola che rende meno perfetto un sistema perfetto. È un fatto strutturale. I recenti episodi di cronaca ne sono l’ennesima conferma.
E infatti fa sorridere – e incazzare – che le cosiddette “mele marce”, quelle che ogni tanto saltano fuori, sono le stesse che legittimano, e alle volte ordinano in prima persona, sgomberi di case occupate da gente che altrimenti vivrebbe in mezzo alla strada, sequestri di merce agli ambulanti abusivi che provano a guadagnarsi da vivere per sé e la famiglia, “maxi operazioni” di polizia nei quartieri per arrestare qualche spacciatore d’erba che nella gerarchia della criminalità organizzata non conta niente.
Mentre la gente comune combatte ogni giorno – tra disoccupazione, precarietà, sfruttamento, le rate del mutuo da pagare, i debiti da saldare, il lavoro da trovare – per arrivare a fine mese, imprenditori, politici e alti funzionari della regione e dello Stato italiano organizzano, gestiscono lo sfruttamento delle risorse, la cementificazione sfrenata, lo svilimento dell’agricoltura. Si spartiscono il potere e i proventi di questo potere. Un potere da abbattere e da cui abbiamo l’urgenza di smettere di dipendere.