Mancano medici e infermieri? Stop al numero chiuso in medicina e professioni sanitarie
Pubblichiamo il comunicato diffuso dalla organizzazione giovanile siciliana Fajdda – Unione Giovanile Indipendentista in merito all’emergenza coronavirus e la carenza di medici e infermieri.
Negli ultimi giorni, a causa dell’emergenza Covid19, stiamo assistendo all’incessante ricerca, da parte del ministero, di nuovi medici. La Regione Siciliana ha già aperto il bando per il reclutamento. A Messina, presso il policlinico Martino, si sono già individuati 350 professionisti così suddivisi: 80 specializzati, 70 specializzandi e 200 non specializzati.
A Catania, è indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il reperimento in urgenza di personale medico da impiegare per la gestione dell’epidemia di COVID-19, per un periodo di mesi sei, prorogabili solo in ragione del perdurare dello stato di emergenza, sino al 31/12/2020.
A Palermo, sono stati posti sotto contratto oltre 600 infermieri che hanno risposto al bando dell’Asp. Un bando che ha generato non poche polemiche, soprattutto perché alla voce “compenso” riporta la misera cifra di 12 euro l’ora per infermiere e 10,50 circa per gli Oss (Operatori Socio-Sanitari); tutto con partita Iva.
Ma come si è arrivati a reclutare addirittura medici non specializzati? A cosa è dovuta la mancanza di medici?
Secondo la proiezione dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, il SSN (Servizio Sanitario Nazionale) perderà 56.000 medici nei prossimi 5 anni; di questi ne riuscirà a rimpiazzare solo il 75%: vale a dire 42.000. Questi dati tengono in considerazione anche i posti messi a bando ogni anno per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e delle Scuole di specializzazione.
Ad aggravare la situazione ci sono i tagli alla spesa per il personale dipendente del SSN che nel 2016 è scesa del 30,6%. E, infatti, il turnover degli ultimi anni in alcune regioni si attesta solo al 25%. Il conto è semplice: andranno in pensione 100 medici; ne verranno assunti 25.
La dotazione di medici, in generale, si registra più bassa nelle Regioni del Mezzogiorno. In Sicilia, solo dal 2013 al 2016, si è passati da 9.997 medici a 9.073.
In tre anni, dunque, 924 medici in meno. Oggi, in piena emergenza Coronavirus, questo numero coprirebbe per tre volte la richiesta di medici del Policlinico di Messina. E stiamo parlando di personale medico che non avrebbe bisogno di specializzazione e che sarebbe in grado di fronteggiare con la massima competenza una situazione di emergenza come questa.
Risulta a questo punto chiaro che tale scenario sia stato causato da una programmazione che ha compromesso l’intero Sistema Sanitario Regionale e Nazionale. In un Paese in cui si assiste a una carenza progressiva di personale medico, è impensabile mantenere ancora il numero chiuso per le facoltà di Medicina e Odontoiatria e di Professioni Sanitarie.
A chi ne giustifica l’esistenza con la carenza di borse di specializzazione ricordiamo che queste, comunque, non bastano a coprire l’attuale numero di laureati. Se ci fosse davvero l’interesse, adeguati finanziamenti ai dipartimenti di medicina sbloccherebbero la situazione.
Ed arriviamo infine alla radice del problema: il totale de-finanziamento della sanità pubblica e del sistema universitario. Un de-finanziamento che, però, ha fatto più morti al Sud e in Sicilia che nelle regioni del Nord. E, dato l’ambito e il periodo, ciò potrebbe risultare non solo in retorica ma anche in morti veri. A partire dal 2008 la diminuzione di finanziamenti per le università della Lombardia e dell’Emilia Romagna (per fare un esempio) è rimasta nell’ordine di qualche punto percentuale. In Sicilia, invece, è arrivata al 30%. Se non è possibile aprire i corsi di laurea in medicina la motivazione è da ricercare nella mancanza di laboratori, strutture, aule e docenti causata dai continui tagli. Tagli effettuati da parte di tutti i Governi e che hanno portato, da un lato, la sanità pubblica al collasso a vantaggio di quella privata, dall’altro le università siciliane a un progressivo svuotamento a favore di quelle del Nord e dell’estero.
Insomma, i tagli alla spesa per il personale medico da un lato e il numero chiuso dall’altro hanno messo il Sistema Sanitario Nazionale – e soprattutto quello delle regioni come la nostra – di fronte a una vera emergenza sia per il presente che per il futuro.