Il parlamento scozzese approva il referendum sull’indipendenza
Con 69 voti a 59, il parlamento di Edimburgo ha approvato la richiesta del proprio governo di indire un nuovo referendum per l’indipendenza dal Regno Unito, proprio lo stesso giorno in cui è stata avviata la procedura per l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, ovvero il percorso che darà forma alla Brexit. La risposta di Theresa May, leader britannico, è la stessa di sempre: «Questo non è il momento» – sostenendo che un referendum in Scozia sarebbe “al buio” perché non permetterebbe di esprimersi sul reale e concreto accadere dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Ma Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese e leader dello Scottish national Party, ribatte: «Lo terremo al momento giusto». E il momento giusto potrebbe essere tra l’autunno del 2018 e la primavera del 2019, quando ormai gli esiti della Brexit dovrebbero essere ben visibili e comprensibili.
Si profila adesso un braccio di ferro tra Londra e Edimburgo. Secondo i trattati, è il governo di Londra che deve acconsentire alla richiesta del parlamento scozzese, e quindi permettere che abbia luogo. Ma cresce in Scozia – come d’altronde anche in Irlanda del Nord – un sentimento che ponga fine alla London Rule, cioè a quei meccanismi che vincolano i rapporti con l’Inghilterra. Londra, perciò, si trova in una scelta difficile: se rifiuta, mostra di considerare il processo di devolution – su cui hanno tanto insistito i governi, da Blair in giù – niente più che una formalità; se acconsente, rischia di diventare – se anche l’Irlanda del Nord si staccasse per riunire finalmente le sei contee all’Irlanda – una Little Britain.
Tutto è precipitato con il referendum sull’appartenenza all’Unione europea del giugno scorso, voluto dall’allora primo ministro David Cameron. Vinse il Leave – quasi inaspettatamente – per 52 a 48 percento, ma in Scozia il Remain raggiunse il 62 percento contro il 38: gli scozzesi volevano rimanere nel mercato unico europeo.
Nel giugno del 2014 si è già tenuto un referendum sull’indipendenza, in cui la scelta di rimanere con la Gran Bretagna vinse per 55 percento contro il 45. E secondo diversi sondaggi gli “unionisti” sarebbero ancora in vantaggio, per 52 a 48. Ma il margine di differenza si fa sottile – e i sondaggi, negli ultimi anni, non sempre dicono come le cose accadono poi veramente. In ogni caso, la vera differenza tra il referendum del 2014 e quello a venire dovrebbe farla proprio la Brexit: nel 2014 si votò per restare legati alla Gran Bretagna, perché era il tramite per restare nell’Unione europea, ma adesso questo presupposto è venuto meno, e la Scozia vuole avere un rapporto diretto – benché non sarebbe proceduralmente immediato – con l’Europa.
Gli scozzesi vogliono decidere del proprio destino: End London Rule.