《Concorrenza sleale》? Benvenuti al mercato delle università

《Concorrenza sleale》? Benvenuti al mercato delle università
Le conseguenze dell’emergenza sanitaria si cominciano a vedere anche nell’ambito accademico. In particolare, rispetto alle iscrizioni all’università

I quotidiani nazionali, negli ultimi giorni, hanno riportato la volontà di molti studenti siciliani di conseguire almeno la laurea triennale in Sicilia.

 

Quest’anno non si parte

Le ragioni che spingono i neo-universitari a scegliere di restare nell’isola sono legate proprio alle incertezze che la pandemia ha generato. Sicuramente uno dei fattori determinanti è stato l’annuncio fatto dai rettori italiani rispetto all’adozione della didattica mista.

In tanti, soprattutto per motivazioni economiche, preferiscono non andare a studiare fuori. Sono tante le spese che ne derivano – l’alloggio in primis – e altrettante le incertezze sulla possibilità di tornare in aula a settembre. In molti non vogliono correre il rischio di pagare tasse e affitti a vuoto.

 

Come sfruttare l’occasione

Anche il Rettore dell’Università di Catania, in un’intervista al quotidiano «la Repubblica», ha espresso la sua fiducia in un incremento degli iscritti per il prossimo anno accademico. «Nel passato Unict ha avuto un picco di 60 mila studenti, adesso siamo a 40 mila. Fatto che è legato al calo che si registra in tutte le università meridionali per il trasferimento di studenti dal Sud al Nord. Tante cose possono essere fatte: dall’incremento dei servizi agli studenti, a una maggiore consapevolezza di quello che c’è nelle nostre università. Che per molte cose non hanno nulla da invidiare a quelle del Nord» ha dichiarato.

E in effetti è proprio cosi. I rettori siciliani dovrebbero avere anche un po’ più di coraggio nel rivendicare maggiori investimenti dallo Stato italiano, visto che spesso c’è una sostanziale sproporzione tra i fondi che arrivano in Sicilia e quelli che vanno agli atenei settentrionali.

 

Gli esamifici del Nord dicono NO

In generale, la pandemia da Coronavirus ha riportato con forza il tema «emigrazione» nel dibattito pubblico. Ad alimentarlo sono stati i rientri in massa degli emigrati che scappavano dalle città del Nord per tornare a casa. Per molti di loro, il futuro è incerto.

Nel frattempo, la regione ha deciso di stanziare 1200 euro di incentivi per chi decide di tornare a studiare in Sicilia. Una misura che continua a far discutere la CRUI, che arriva a parlare, addirittura, di «concorrenza sleale». Evidentemente, alcuni rettori – quelli dei cosiddetti «atenei di seria A» – hanno deciso che è finalmente arrivato il momento di sdoganare il concetto di «università-azienda». Si può dunque ormai parlare liberamente di «concorrenza», come se il sistema universitario fosse un complesso di negozi in cui la gente sceglie dove comprare esami e lauree. Secondo questa logica, per i rettori degli atenei di eccellenza del Nord, gli studenti siciliani sarebbero clienti da attrarre vendendo un prodotto con un ottimo rapporto qualità-prezzo. E il prezzo che propone la Sicilia è così basso da poter essere considerato fuori mercato. Anche sotto l’aspetto del linguaggio e della comunicazione siamo definitivamente approdati nella fase del mercato delle università e, di conseguenza, degli studenti.
Un sistema dove viene cancellato definitivamente il diritto allo studio e gli studenti sono semplici consumatori; quelli siciliani costretti a emigrare per comprare il prodotto migliore sul mercato.

 

Invertire la rotta

Torna prepotente la consapevolezza che l’emigrazione dal Sud è un risorsa per i poli ad alta densità produttiva del Nord. E questa pandemia rischia di fare male al tessuto economico legato al mondo universitario. Gli studenti e le studentesse siciliane pagano affitti al Nord, fanno la spesa al Nord, comprano nei locali del Nord. Ma adesso, coloro che godevano del business che i nostri parenti e i nostri amici alimentavano hanno paura che il giocattolo si possa rompere.

E allora rompere il giocattolo diventa il nostro compito. Abbiamo del tempo a disposizione, una possibilità di intervento. Questa situazione ci pone davanti a due possibili scenari: nel primo, tutti coloro che hanno scelto di restare vivranno questo momento passivamente, in attesa della ripartenza; nel secondo, sfrutteranno questa opportunità per dare vita a un processo di trasformazione che possa invertire il fenomeno migratorio. Costruire nuove relazioni, tessere nuovi legami con la propria terra. Riscoprire le possibilità che la Sicilia ci può dare, lottare per farle divenire realtà. È questo l’obiettivo che dobbiamo porci.

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