Alluvione a Palermo tra imprevedibilità e responsabilità istituzionali
Ieri pomeriggio, a partire dalle 17:00 circa, un terribile temporale si è abbattuto su Palermo. In pochi minuti le arterie principali della città si sono ritrovate travolte dal fango. Le persone che le stavano attraversando catapultate dentro un brutto incubo che fino a ora sembra essersi concluso con danni al territorio, alle cose e alle persone. Sembrano non esserci né morti né dispersi.
Una bomba d’acqua inaspettata
Ieri pomeriggio a Palermo si è assistito a delle vere e proprie scene apocalittiche. Il capoluogo della Sicilia è stato interessato da un fortissimo e inaspettato temporale che ha allagato vastissime aree della città mettendo a rischio l’incolumità delle persone. Gli allagamenti hanno interessato la Cala, il Centro Storico e Mondello, con i rispettivi negozi e le abitazioni. La zona più colpita è, però, quella di viale della Regione Siciliana, in particolare la circonvallazione tra via Leonardo da Vinci e via Belgio e la zona dell’Uditore. I sottopassaggi si sono allagati inghiottendo le macchine che vi stavano transitando.
I ponti si sarebbero allagati a causa della totale otturazione delle caditoie. Queste, ostruite nel giro di pochi minuti da detriti e sacchi della spazzatura, avrebbero impedito all’acqua di defluire. Una volta riempita la carreggiata delle strade sovrastanti i sottopassaggi, l’acqua ha cominciato a sgorgare verso sotto, arrivando ad allagare in poco tempo anche i sottopassi.
Si parla della più pesante alluvione dal 1797. Sono caduti almeno 110 millilitri d’acqua.
«Il sistema va in difficoltà con 20-40 millilitri di pioggia»
Un evento senza dubbio straordinario; una terribile calamità naturale. Ma ci chiediamo: se fosse stato attivo un piano di pulizia e manutenzione ordinario avremmo assistito comunque alle scene apocalittiche di ieri?
Secondo il quotidiano «la Repubblica», alcuni tecnici dell’Amap ieri sussurravano che il sistema va in difficoltà anche con 20-40 millimetri di pioggia e che occorrerebbe una rete nuova. Una consapevolezza che quasi certamente hanno anche le istituzioni regionali e comunali. È difficile – sarebbe preoccupante – credere che non siano al corrente della condizione in cui versano quelle strade e quei ponti.
Nel 2016 individuate le aree a rischio e la mancata manutenzione dei canali
Già nel 2016 con l’aggiornamento del piano di Protezione Civile, il responsabile, Francesco Mereu, riconosceva la necessità di «acquisire una maggiore tempestività nei tempi di reazione a far fronte agli eventi calamitosi». Quel piano, ben 4 anni fa, individuava le aree più soggette a rischio frane, detriti, allagamenti, rischio sismico e industriale. Anche allora si riconosceva che le arterie con un maggiore rischio di allagamento fossero via Roma, via Maqueda, la linea ferrata Trapani-Palermo e viale della Regione Siciliana (in particolare i sottopassi di via Belgio e viale Lazio). Venivano, inoltre, considerate aree a elevata pericolosità idraulica le depressioni della Fossa Danisinni, tra via Cappuccini e via Cipressi, e della Fossa della Garofala, tra viale Delle Scienze e corso Pisani (all’interno dell’area universitaria).
Sempre nel 2016 la Giunta Orlando attivava due mutui – rispettivamente di 280 e 500 mila euro – per la manutenzione straordinaria di caditoie e canali di maltempo. Riportiamo quanto contenuto nella relazione generale stilata in quella occasione: «La città e il suo territorio sono soggetti ad allagamenti con intervalli di tempo di 1-2 anni e non sempre in occasione di eventi meteorici eccezionali. Infatti è fuorviante correlare questi allagamenti solo con l’intensità della pioggia. Le vere cause – spiegano i tecnici – sono da attribuire a fattori antropici, primo dei quali la situazione precaria in cui versano i canali di protezione idraulica. Questi sono insufficienti per lo smaltimento delle acque meteoriche sia per il loro sottodimensionamento sia per la cattiva manutenzione (ostruiti da depositi di rifiuti solidi urbani e materiale da demolizione) sia per i numerosi scarichi fognari che abusivamente vi trovano recapito».
Sono passati quattro anni: stilata la relazione e il piano, si è intervenuti per mettere le zone individuate in sicurezza? Ci si è occupati costantemente della manutenzione dei canali di maltempo? Evidentemente no, o non quanto si doveva.
La storia si ripete
Questo piano arrivò a 3 anni da un altro evento calamitoso che scosse Palermo che aveva registrato una caduta di soli – si fa per dire – 36 millilitri d’acqua. Anche in quel caso l’acqua straripò da viale Lazio e da viale Belgio, inondando viale della Regione Siciliana.
La storia si ripete, ma le istituzioni sembrano non trarne insegnamento. Le responsabilità si intrecciano fra Regione e Giunta comunale. Sull’accaduto rimangono molti interrogativi. Perché la Protezione Civile non ha dato l’allarme? Dicono non fosse prevedibile. E perché, preso atto dell’emergenza in corso, i vigili urbani – che avrebbero dovuto chiudere l’accesso alle aree a rischio – non sono intervenuti tempestivamente?
Di solito in queste situazioni a pagare siamo sempre noi: danni alle strade, alle case, ai negozi, il rischio per le vite umane. Forse è arrivato il momento di presentare il conto ad altri, a chi ha responsabilità politiche e gioca allo scarica barile.