Lettera della CUP a Carles Puigdemont.
Onorevole Presidente della Generalitat de Catalunya
Sr. Carles Puigdemont e Casamajó
Noi della CUP-CC vogliamo avanzare alcune nostre riflessioni riguardo la richiesta del governo spagnolo sulla dichiarazione di indipendenza e sulla sua sospensione.
Il 10 ottobre, al Plenum del Parlamento, abbiamo affermato che la CUP-CC non è il protagonista nella storia del nostro paese ma il popolo, ogni singola persona. Il Popolo con la lettera maiuscola, le centinaia di migliaia di persone che hanno difeso le loro scuole, i loro collegi elettorali dalla violenza dell’occupazione militare e poliziesca; le centinaia di persone che sono state picchiate, ferite, umiliate e spaventate dal brutale intervento della Policia Nacional e della Guàrdia Civil. Le persone che sono andate a votare perché così era stabilito; quelle che hanno votato SÌ e quelle che hanno votato NO; ma anche quelle che non hanno potuto votare per paura. Sono le stesse persone che cercano di sopravvivere alla precarietà e alla povertà.
Da tempo parliamo di un paese spezzato, della necessità di investirvi sia le risorse esistenti sia quelle che potrebbero essere ottenute ridistribuendo meglio la ricchezza per affrontare l’emergenza sociale. Questo è il motivo per cui il 3 ottobre la gente ha fermato il paese con uno Sciopero generale senza precedenti, una folla traboccante è sfilata per le strade per condannare l’allarmante regressione dei diritti e delle libertà.
Il popolo, le persone sono l’unica struttura solida che ha questo paese nell’assenza di un sostegno esplicito a livello internazionale, di un tessuto produttivo forte e radicato e con una coscienza del paese (malgrado l’importante e crescente eccezione dell’economia sociale e cooperativa) e in assenza di ricchezze naturali che potrebbero essere collocate in modo diverso nella geopolitica internazionale. La nostra forza è la gente e le sue esigenze, le persone e le loro speranze.
Non possiamo aspettarci un sostegno esplicito se non teniamo fermo l’obiettivo di auto-determinarci. Forse ora ci si rende conto che il trasferimento di settori economici strategici in mani private (per troppi anni la tendenza di quelli che erano chiamati sovranisti e, persino, di sinistra) non è la migliore opzione se si vuol governare da soli. Forse ora capiamo che tempo fa avremmo dovuto lavorare per una banca pubblica, per un paese più votato all’uguaglianza, con un forte settore pubblico, in grado di resistere alle minacce di uno Stato spagnolo, disposto a tutto, come stiamo vedendo. Quando si parla di superare il regime del ‘78 si parla anche di superare i sottoregimi del ‘78: quello del sistema bancario anche – La Caixa, il Banco Sabadell.
Per questi motivi, tra l’altro, era e ed è ancora necessaria la proclamazione della Repubblica. Perché è il mandato di più di due milioni di persone che, nonostante l’offensiva minacciosa, giudiziaria e repressiva dello Stato, hanno detto SI’ all’indipendenza. Più di due milioni di persone che già sono Repubblica… Tale proclamazione è anche necessaria per dimostrare a tutti coloro che non sono a favore o non hanno una posizione definitiva, che la Repubblica è lo strumento per sviluppare i diritti civili, politici, economici e culturali.
La CUP-CC considera che il 10 ottobre si sia persa un’opportunità. Crede soprattutto, e in considerazione della posizione dello Stato, che la risposta alla richiesta del presidente Rajoy non rispetti i termini del mandato popolare che è stato assunto lo scorso martedì: un mandato al rispetto del diritto all’autodeterminazione, come si è espresso alle urne lo scorso 1 ottobre. Solo proclamando la Repubblica saremo in grado di rispettare ciò che la maggioranza ha chiesto col voto. Solo attraverso la proclamazione della repubblica saremo in grado di rispettare ciò che la maggioranza ha espresso nel voto. Solo proclamando la repubblica saremo in grado di posizionarci come soggetto politico disposto a proteggere i diritti civili e politici della popolazione ancora gravemente minacciati. Solo con la Repubblica potremo riaccendere le speranze ormai spente all’interno delle autonomie dello Stato spagnolo, non solo per il Principato di Catalogna, ma per l’insieme dei Paesi Catalani e per gli altri popoli dello Stato. Solo in questo modo riusciremo a far sì che l’intervento di attori internazionali si basi sul nostro riconoscimento del popolo catalano come soggetto politico.
Ogni altra risposta alla richiesta del presidente Rajoy sarebbe un avallo a ciascuna delle sue minacce, al suo disprezzo e alla sua repressione; significherebbe tornare nell’ambito di quella legalità costituzionale spagnola che la maggioranza della nostra società ha già deciso di respingere. Lo Stato, il suo sistema giudiziario, il suo esercito e la polizia, ma soprattutto i partiti politici che in questi ultimi giorni si sono mostrati assolutamente contrari a permettere il diritto di auto-determinazione, costituiscono la maggioranza al Congresso spagnolo; tutti costoro sono pronti a continuare a negarci i diritti e le libertà, protetti da una costituzione spagnola delegittimata da un potere economico e da un’Europa schierati al proprio fianco.
Certamente, non abbiamo potentati economici, né l’UE è disposta ad ammettere che il diritto all’autodeterminazione sia un diritto fondamentale dei popoli. Ma è altrettanto vero che rimanere immobili davanti le loro minacce, i loro rifiuti, e la loro autorità non ci permette di esistere come popolo, di governare noi stessi, né ci permetterà di avanzare per ottenere più diritti e libertà. Rimanere immobili ci farebbe perdere tutto questo. Insomma, fare ciò che il potere (anche con le maiuscole) raccomanda non permetterà alle persone, alla gente, al popolo di essere un soggetto protagonista della storia di questo paese.
Crediamo che la risposta alla richiesta dello Stato debba essere chiara: se la mediazione internazionale significa dare sostegno al dispiegamento di forze di polizia e militari, portarci in tribunale con accuse molto gravi, che comportano pene detentive e multe elevate; se la mediazione significa chiudere gli occhi dinanzi a più di 900 feriti che semplicemente volevano votare e limitarsi a chiedere allo Stato una riforma della Costituzione spagnola, senza garantire che si rispettino i diritti civili e politici delle minoranze; se così fosse, se la mediazione internazionale dovesse servire a questo scopo, possiamo già mettere fine alla speranza in questa mediazione internazionale.
Se vogliono continuare a applicare, con la scusa della legalità, le disposizioni dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, e si vuol continuare a minacciare e imbavagliare il popolo catalano, è meglio che ciò avvenga con la Repubblica già proclamata. Forse continueremo senza il sostegno dei mercati e degli Stati, continueremo senza grandi ricchezze naturali e senza poteri economici che ci sostengano, ma lo faremo forti dell’appoggio del popolo, delle loro speranze e della loro dignità.
Per la Repubblica catalana, per la Repubblica popolare!
Cordiali saluti,
CANDIDATURA DE UNIDAD POPULAR-CRIDA CONSTITUENTE