La Sicilia vuole i pescatori liberi

La Sicilia vuole i pescatori liberi
Questo pomeriggio a Mazara del Vallo, Palermo, Catania e Messina sono tornati in piazza i siciliani. Le ragioni delle manifestazioni riguardano il sequestro di 18 pescatori di Mazara del Vallo da parte della guardia costiera libica.
A Palermo, Catania e Messina i manifestanti si sono dati appuntamento alle 17:00 davanti la prefettura, appellandosi al Prefetto che rappresenta il Governo a livello locale. A Mazara del Vallo, invece, ancora una volta, i parenti dei pescatori sequestrati hanno manifestato all’interno dell’aula del consiglio comunale della città.

 

Liberateli

In centinaia con bandiere della Sicilia e un unico striscione con su scritto «Liberateli». Un appello che suona come un imperativo categorico rivolto a chi avrebbe già dovuto far tornare in Sicilia i pescatori. Gli uomini ormai da 94 giorni sono prigionieri delle milizie del generale Haftar. Da allora non sono arrivate notizie rassicuranti rispetto alla loro liberazione. Anche comunicare con loro è quasi impossibile.

 

Lo Stato italiano ci ha abbandonato

Lo Stato italiano continua ad avere un atteggiamento superficiale nei confronti di questa delicata faccenda. Le famiglie dei prigionieri affermano: «lo Stato ci ha abbandonato». Qualche giorno fa il Presidente della Regione Nello Musumeci ha annunciato lo stanziamento di 150 milioni di euro favore loro e degli armatori rimasti momentaneamente senza due equipaggi e due imbarcazioni. Questo è stato il primo atto concreto del governo regionale a tre mesi dal rapimento. Una misura che non si può accogliere negativamente. Non si pensi, però, a Palermo e a Roma, che questo possa bastare per chiudere la faccenda o che le vite di 18 uomini possano essere oggetto di baratto con qualche migliaio di euro. 

Quella del sequestro appare sempre di più una vicenda complessa in cui sono in ballo interessi economici, relazioni internazionali tra Stati, competizioni geopolitiche. Il sequestro dei pescherecci, con ogni probabilità, va inquadrato nel clima di guerra – che in queste ultime settimane è andato intensificandosi – tra le diverse fazioni libiche e gli eserciti di diversi paesi , USA, Russia, Francia, Egitto, Emirati Arabi, Quatar e, non ultima, l’Italia.

 

Ostaggi del governo italiano

In un conflitto internazionale che è destinato ad allargarsi e divampare, la Sicilia e i suoi pescatori sono ostaggi del governo italiano (prima ancora che dei libici) che segue una politica internazionale contraddittoria e dal respiro corto, facendo pagare i propri errori alla Sicilia e ai suoi pescatori. Ma qualunque cosa si possa pensare della situazione in Libia, al primo posto va la vita dei pescatori siciliani e il loro ritorno a casa. A qualunque costo e a qualunque prezzo.
Le manifestazioni di oggi e la solidarietà mostrata fin qui ai nostri fratelli, ci rende certi che la mobilitazione per la loro liberazione andrà avanti. Questa faccenda non cadrà nel dimenticatoio e – con le buone o le cattive – lo Stato italiano dovrà assumersi le sue responsabilità.

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