13 dicembre 1990: a trent’anni dal Terremoto dei silenzi
A trent’anni dal «terremoto silenzioso» – una delle terribili e più recenti tragedie sismiche che hanno scosso la Sicilia – ricordiamo le fosche vicende che caratterizzarono quei giorni.
La scossa e le conseguenze
Il 13 dicembre 1990 una violenta scossa di terremoto di magnitudo 5.6, con ipocentro a 12 km di profondità, colpì la costa ionica della Sicilia, appena al largo della Val di Noto.
La provincia di Siracusa fu devastata. L’evento sismico causò alcune decine di morti, centinaia di feriti e decine di migliaia di sfollati. I paesi più colpiti: Carlentini, Augusta, Lentini, Melilli. In totale furono 41 i comuni che subirono danni più o meno gravi. Il trasporto ferroviario sulle tratte Catania-Caltagirone e Catania-Siracusa fu gravemente danneggiato e la stazione di Brucoli, in provincia di Siracusa, venne completamente distrutta.
L’insabbiamento
Il «terremoto di Santa Lucia» viene anche ricordato come «terremoto dei silenzi». Il soprannome deriva dal fatto che, nelle prime fasi dell’emergenza, le notizie riguardanti l’intensità e l’epicentro del sisma vennero insabbiate.
Per capire il perché di questi silenzi bisogna tornare indietro, a prima del terremoto. Più volte, negli anni precedenti, diversi scienziati avevano dato l’allarme a proposito dell’alto rischio sismico dell’area, della scarsa prevenzione e delle possibili conseguenze catastrofiche causate dalla presenza del polo industriale Augusta – Priolo – Melilli. Secondo un censimento del Ministero della Salute, in quella zona, una di quelle a più alto rischio sismico d’Europa, si trovavano sette industrie ad alto rischio.
A tragedia consumata, gli organi di stampa e le istituzioni non tardarono a fornire all’opinione pubblica informazioni falsate sull’epicentro del terremoto. Questo fu dichiarato in una posizione 50 km più a Sud rispetto a quella reale, fuori dall’area industriale – in modo da rassicurare le popolazioni del triangolo e delle zone limitrofe e da lasciare che le imprese del polo industriale continuassero ad operare liberamente.
Insomma, un terremoto annunciato, un piano antisismico che mancava – e che ancora oggi lascia a desiderare – e degli interessi, quelli delle grandi industrie chimiche e petrolchimiche, da salvaguardare. Quel polo industriale, che ha impoverito e ammalato intere comunità, è stato l’oggetto delle attenzioni e della protezione dello Stato italiano e dei suoi apparati. Stato che con più di 14.000 siciliani senza una casa, si preoccupava di difendere la legittimità di quel mostro chimico.
Quella notte la Sicilia fu scossa da una terribile tragedia, fu vicinissima anche a una catastrofe ambientale, che avrebbe peggiorato di molto i danni del terremoto. Il tentativo delle istituzioni di insabbiare l’accaduto e di salvaguardare l’industria ci ricorda, a trent’anni dall’accaduto, quali siano i veri interessi e le priorità dello Stato italiano in questa terra.