Il nuovo piano rifiuti rimane una boiata pazzesca
Il Piano rifiuti di Musumeci del 2018, riproposto con lievi modifiche e approvato in commissione ambiente, rimane una boiata pazzesca.
E così alla fine del 2020 riapproda all’ARS con piccole modifiche il Piano del 2018, quello che Musumeci fu costretto a ritirare per la valanga di inesattezze e di reticenze che conteneva. Piccole modifiche di stile, qualche ritocco ai numeri, un nuovo impianto grafico, ma niente di nuovo nei contenuti. Siamo ancora al 2018. Attenzione, i riferimenti a Hegel, Popper, Bloch e persino Nietzsche vi figurano ancora. Eh sì, saranno pure degli abominevoli incompetenti i “nostri” dirigenti e politici al governo dell’ARS, ma la botta di “cultura”, la chiappara, ci tengono proprio a spararla.
Uno sguardo al piano
Avviso ai lettori: per comprendere il Piano occorre: 1.) non far troppo caso alla grammatica e accostarsi con pazienza alla versione in volgare dell’italiano burocratese; 2.) tentare di andare al nocciolo tra iperboli, scarti semantici, azzardati neologismi, costrutti obnubilanti e periodi rivolta-budella; 3.) in particolare, non svenire d’inedia durante la lettura degli «obbiettivi politico-strategici». Dice Musumeci a proposito del “nuovo” Piano Regionale dei rifiuti: «dopo oltre 20 anni la Sicilia si dota di un Piano ordinario, dopo decenni di gestioni emergenziali». E il mitico Pierobon aggiunge trionfante: «si chiude l’era delle discariche che resteranno marginali nelle future scelte dei territori». Sarà vero? No, purtroppo no.
Cosa dice il Piano? Vediamo di farne una stringatissima sintesi. Il Piano sin dall’inizio sostiene il proposito di aumentare la raccolta differenziata portandola al 65%, ossia alla percentuale che era prevista per l’anno 2005; che bisogna puntare alla chiusura delle discariche; che si metterà fine alla disastrosa gestione di SRR e ARO e che si formeranno 9 AdA (Autorità di governo d’Ambito) «rappresentative dei Liberi Consorzi comunali, delle Città metropolitane e di tutti i Comuni appartenenti all’ambito territoriale ottimale di riferimento» (le vecchie province insomma) e che saranno queste AdA a decidere modalità di gestione e impianti da costruire. Ma dice anche che per «gli impianti comunque ricadenti nella programmazione regionale» si valuteranno i loro eventuali «sblocchi e/o ampliamenti, ecc.…». E c’è di più. Il Piano non esclude gli «impianti di recupero energetico da rifiuti [e qui si parla di inceneritori], quale ipotesi residuale, da valutarsi nel contesto e nell’insieme di cui sopra, rinviando alle scelte che verranno manifestate, nel prossimo triennio, dalle autorità d’ambito».
Cosa si nasconde dietro il Piano
Ecco, la sostanza del Piano è tutta qui: dichiara intenti virtuosi, ma badando a non dare alcuna indicazione su come intenderebbe raggiungerli; elimina i vecchi baracconi falliti per la gestione dei rifiuti e ne istituisce altri a dimensione provinciale; soprattutto, lascia aperta la porta all’allargamento delle discariche già in programmazione e agli inceneritori. Qualcuno sostiene che si tratta comunque di un piccolo passo avanti, dato che si dà la “preferenza” al pubblico e si prevede il proliferare di centri di compostaggio. Ma avanti verso dove? Si crede davvero che, ad esempio, la gestione commissariale della discarica di Grotte San Giorgio-Bonvicino sia altra cosa dalla gestione dei Leonardi? O che un inceneritore pubblico sia meglio di un inceneritore privato? I problemi – con questo Piano dei Rifiuti Regionale – rimangono tutti e aumentano giorno dopo giorno, insieme agli scandali. Come l’ultimo della Eco Beach a Giardini Naxos o come i progetti di inceneritore nel territorio di Catania (quello in Contrada Coda Volpe dei Leonardi e quello nei pressi dell’IKEA presentato dai bresciani della Siderurgiche Investimenti).
Le imprese che speculano sui rifiuti e l’energia continuano a presentare i loro progetti come avvoltoi su un corpo in decomposizione. L’unico freno rimangono i comitati dei cittadini e delle cittadine che si battono per la difesa dei territori. L’ipotesi, anche residuale – come sostiene il Piano di Musumeci e Pierobon – degli inceneritori è assolutamente inadeguata e miope se davvero si vuol risolvere la questione dei rifiuti. E diventa un’ipotesi criminale se si pensa alla salute delle comunità e dei territori.
La soluzione al problema rifiuti
Se si vuole davvero risolvere il problema dei rifiuti occorre partire a monte dalla produzione con leggi regionali chiare: investire in educazione ambientale; investire in impianti dimensionati sulle reali necessità dei territori e adeguati a reali politiche di riciclo; aiutare finanziariamente i Comuni (sempre più economicamente depressi) per una reale ed efficiente raccolta differenziata con predisposizione di eco punti in ogni quartiere. Occorrono Piani Rifiuti Comunali armonizzati con linee guida regionali che partano dalla strategia di rifiuti ZERO e che prima d’ogni cosa tendano alla tutela della salute delle comunità abitanti e dei loro territori.
Comitato Territoriale Antudo – Lentini