Intervista con Pietro Alaimo, di Palermo Abballa Folk.

Intervista con Pietro Alaimo, di Palermo Abballa Folk.

C’è una Palermo che, la sera, rifiuta le etichette e le formalità delle solite serate e vuole riappropriarsi degli spazi aperti, semplicemente ballando, coinvolgendo la moltitudine di persone che, trovatesi di passaggio ad ammirare la dimensione di gruppo, si fermano irretiti e si uniscono al fiume di musica in piena, alla danza come unico linguaggio universale. Abbiamo il privilegio di parlare con Pietro Alaimo, uno dei fondatori di Palermo Abballa Folk. Da dove e quando nasce questa idea?
Il mese di novembre dell’anno 2013 nasceva PalermoAbballaFolk. Io, Valentina e Giovanni ci eravamo incontrati nel giugno dello stesso anno al Gran Bal Trad di Vialfré, un festival di danze, canti e musica popolare. In quella sede nacque l’idea di incontrarci per strada per ripassare le danze imparate. Per cui tutti i giovedì, primi in tutta Italia con cadenza settimanale, abbiamo cominciato ad animare le più belle piazze di Palermo con le nostre danze popolari. Negli anni, abbiamo condiviso le nostre conoscenze coreutiche con migliaia di giovani e non solo, turisti e studenti provenienti da ogni parte del mondo, che a loro volta hanno condiviso le danze dei loro paesi.

La maggior parte delle vostre iniziative si sviluppano nelle piazze della nostra città, come dicevi tu prima, piazze che ne sono poi un simbolo forte. Che ruolo e significato ha per voi la piazza?
In un’epoca sovraffollata da tecnologia, social e multimedialità rischiamo di perdere il contatto fisico e soprattutto il dialogo tra generazioni. Le danze folk assolvono questo compito in maniera eccellente, facendo da cerniera di collegamento e favorendo l’incontro tra culture, generazioni e realtà diverse. Considero un valore vedersi in piazza per danzare poiché questo ci mette, tra l’altro, in relazione con gli spazi cittadini e con il variegato universo umano, sia esso occasionale che abituale, che insiste in quegli spazi. L’incontro dell’altro trova la sua sublimazione nelle danze in cerchio, tanti universi di “soli” che s’incontrano per formare un unico, inclusivo universo. E cosi in una società di isolati e di persi, le danze in piazza aiutano a “ritrovarsi”!

Portate avanti le tradizioni di canti e balli popolari Siciliani, che rischierebbero di andar perse altrimenti. Che importanza hanno per voi le tradizioni? E da dove nasce l’interesse e il bisogno di ricordarne la memoria?
I valori delle tradizioni, della cultura e del folklore (sapere del popolo) fanno parte delle nostre radici, ci caratterizzano come un collettivo specifico ed unico nel panorama dei popoli mediterranei. Nei secoli la Sicilia è stata, per la sua posizione strategica, terra di conquiste, un crocevia di popoli diversi, i quali hanno tramandato i propri miti, riti, cerimoniali, usi e costumi che hanno dato una identità specifica e, nei millenni, una vera e propria lingua.
Uno dei nostri primi interessi è stato la riscoperta delle danze popolari tipiche di alcuni paesi della provincia palermitana e della nostra isola in generale, senza però tralasciare l’interesse per le danze popolari dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo o per quelle del continente europeo.
Non ci riteniamo “portatori sani” di tradizioni, canti e balli popolari siciliani. La lingua e in generale le tradizioni popolari non sono statiche, sono in continuo movimento e trasformazione. Nessuno può dire di eseguire un ballo, un canto, una musica in maniera fedele come avveniva 100 anni fa, ad esempio. Tutto quello che è tradizione consolidata di un’epoca cambia (ma a volte può anche morire) inesorabilmente nell’atto della consegna alla generazione successiva, o per involontarie omissioni o per adattamenti e variazioni dettate dal gusto personale del veicolatore in accordo con l’epoca in cui vive.
I nostri incontri sono improntati all’inclusione, all’accoglienza e alla conoscenza di mondi e culture diversi. Con noi, in piazza, non ci sono confini, preclusioni o discriminazioni di razza, religione o cultura, perché siamo contrari a qualunque confine, sia fisico che mentale. In contrasto con quanti vorrebbero che danzassimo solo per i “valori e le tradizioni” a noi più vicini, che comunque amiamo e rispettiamo.

C’è una Palermo che balla instancabilmente fino a notte fonda. Avete ulteriori progetti per il futuro?
Un sogno, pensato spesso ad occhi aperti, sarebbe quello che altre città siciliane seguissero il nostro esempio e cominciassero a ballare come noi, con cadenza settimanale in piazza. Due città, Messina e Caltanissetta, già organizzano, sulla scia del nostro esempio eventi balfolk in piazza. Un proposito per il futuro potrebbe essere quello di organizzare un festival di danze popolari per favorire l’incontro e lo scambio delle diverse esperienze in campo coreutico. L’evento diventerebbe un motivo in più per attrarre i viaggiatori-danzatori di tutta Europa, arricchendo ulteriormente la già vasta offerta turistica della nostra isola.
Il progetto principale per il futuro è quello di continuare a ballare, con la speranza e l’augurio di portare, quanto prima, le nostre danze in altre piazze “pedonalizzate” della nostra città. Continuare a danzare la vita instancabilmente, anche per non rimanere vittima di un anatema indiano che tra le altre cose recitava cosi:
“Gli indiani che non danzano,
che non credono a questo,
diventeranno piccoli, alti un piede,
e rimarranno così.
Alcuni diverranno di legno e saranno buttati nel fuoco”.

guarda il video di Tarantella Montemaranese al mercato della Vucciria – Palermo, qui

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