La pandemia dello sviluppo
Questa pandemia è il frutto avvelenato del nostro sistema di produzione e consumo, del nostro modo di vivere il territorio, di stare sulla madre terra.
Più seguiamo la logica della crescita economica e più ci ammassiamo, più sfruttiamo la terra e più la desertifichiamo, più viviamo secondo il sistema dominante di consumo e produzione e più distruggiamo la vita che ci circonda.
L’avvento del tempo pandemico
Siamo perciò in un “tempo pandemico” che è la forma di maggiore evidenza sociale in cui la catastrofe si è stabilita tra noi. Anzi, è diventata la nostra “forma di vita”.
Per istinto, ci adattiamo: indossiamo le mascherine, ci salutiamo con i gomiti, cambiamo i nostri riti – quello della cura dei nostri cari e del lutto, sopra ogni altro.
Sembra che si stia vivendo una “infausta parentesi”, e “dopo”, quando saremo “salvi”, quando tutto questo sarà finito, vivremo di nuovo la nostra “meravigliosa” vita. Ma il futuro che si prospetta è il nostro passato. È la perpetuazione di ciò che fino ad oggi è stato.
In questo presente è assordante il silenzio della politica. Lo scontro è tutto tra istituzioni, tra governo centrale e regioni, tra ministri e governatori, tra governatori e sindaci. Il “funzionamento”. La politica di fronte a quest’ultima crisi dell’umanità è muta.
Non c’è una sinistra e non c’è una destra – c’è solo la tecnica amministrativa – e le frizioni sono sulle “misure” da prendere. Non ci sono né sinistra e né destra perché entrambe “condividono” questo sistema di produzione e consumo e non individuano in esso la relazione con la pandemia.
La parola è lasciata agli Esperti, ai virologi, agli indici e ai coefficienti.
Ridare voce alla politica è più che mai impellente.
A un anno dalla pandemia, il contagio – nella lettura degli “esperti“ – è “fuori controllo”.
Le zone “covid free” (quelle che si promuovevano per il turismo estivo) non ci sono più. Con questi dati di tendenziale “omologazione” del contagio, la differenziazione dei colori delle regioni – tra giallo, arancione e rosso – è un esercizio vuoto, come d’altronde gli stessi “tecnici” a capo dei comitati riconoscono. Peraltro, il cambio delle colorazioni è ravvicinato, le differenziazioni sono minime, e seguirle è diventato praticamente impossibile. Nei fatti – sono gli stessi vertici delle forze dell’ordine incaricate dei controlli a raccomandare di non essere troppo fiscali.
Una pandemia che gronda sangue come il sistema
I morti per Covid sono per lo più anziani, malati, fragili. I più deboli. Quelli che avrebbero dovuto esser più protetti. Questa pandemia gronda sangue, certo, ma è questo sistema che gronda sangue. Poco a poco si sta costruendo una sorta di cinismo sociale, di abitudine alla morte ma solo quando non ci riguarda direttamente, ci è “remota”. Così è stato per le patologie tumorali, così per le morti su lavoro, per le guerre “lontane”, così sta finendo per il Covid19.
Fin dall’inizio – seppure sempre taciuta dalle istituzioni centrali nelle sue implicazioni strategiche – si è posta la contraddizione tra salute e economia, la più profonda e grave delle contraddizioni: se la produzione non si ferma, il contagio non si ferma; se la mobilità non si ferma, il contagio continua e si allarga. Fermare tutto allora? Ma in un sistema basato sulla produzione di massa per il consumo di massa, dove lo sviluppo del PIL è l’indice indiscusso del benessere, dove ogni settore produttivo è divenuto dipendente dal funzionamento generale del sistema economico, fermare la produzione – fermarla veramente – è impossibile. È il “contro natura” di questo sistema di sviluppo e il Covid, come le patologie derivanti dai processi industriali e dell’urbanizzazione selvaggia, come la crisi climatica, non è che uno gli esiti naturali del suo sviluppo.
Quello che è certo – e che dicono ormai gli stessi vertici “tecnici” – è che la gestione dello “stop and go”, del “apri e chiudi” provoca ogni volta un aumento dei contagi.
Certo, la situazione della sanità fa schifo, le ASL pasticciano, imbrogliano, le terapie hanno fatto cilecca e morti: quanti morti per criminali intubazioni? Quanti morti per lentezza nei soccorsi e per terapie sbagliate? Ma ciò che appare evidente e che ha avuto un peso rilevante è anche l’incapacità politica dei governanti a dirigere l’emergenza.
La stessa “vaccinazione di massa”, che era propagandata come l’arma finale, cammina a rilento, è in una situazione confusionale – e non sappiamo che reali percentuali di copertura dà o fino a quando dà copertura.
Non sappiamo soprattutto se sarà efficace contro le mutazioni del virus, quelle che si presuppongono più aggressive e d’altronde sembra che sia i test che i tamponi al momento in opera non sempre riescano a “leggere” il virus. La confusione è sovrana.
Anche sulla cassa integrazione, sui ristori, sui bonus, sul reddito di emergenza – i problemi sono molteplici, con ritardi, insufficienze e inefficienze.
Se davvero la pandemia nell’epoca della crisi strutturale di sistema è utilizzata per il transito da un modello di sviluppo ad un altro, dalle nostre parti ciò avviene nel regno della più disastrosa confusione.
Intanto sono al lavoro laboratori che ci “promettono” di essere in grado di produrre eventuali nuovi vaccini. La vaccinazione di massa sembra diventare così l’unica soluzione, ancora una volta una soluzione tecnica, che vogliono far diventare una delle misure che adotteremo nell’adattarci, come la mascherina o il salutarci con i gomiti. Una abitudine nel tempo pandemico. Quella che abolisce la capacità di decidere, che mortifica la corporeità e normalizza l’indifferenza e il distanziamento. Quella che trasforma la vita in un prodotto della medicina.
Il momento di rivendicare
C’è un dato importante che a noi qui in Sicilia avrebbe dovuto far riflettere: gli unici posti al mondo dove il contagio è “sotto controllo” sono le isole, dove cioè c’è stato un immediato controllo dei confini. Ma ora questo elemento geografico-sanitario da solo non basterebbe: si correrebbe il rischio di trasformare l’isola in un universo concentrazionario – come una prigione; le prigioni sono chiuse ai “confini”, ma una volta entrato il virus si trasforma in un inferno se non vengono messe in opera tutte le misure di intervento e di cura.
È il tempo di prendere nelle nostre mani il destino delle nostre vite, della nostra salute e della nostra economia. Occorre fermare questo sistema di produzione e consumo impazzito. Il momento è adesso. Se non lo fermiamo, continueremo a morire.
• Blocco totale di tutte le produzioni industriali nocive e ad alta concentrazione operaia
• Mappatura generale del contagio sui nostri territori (tamponi, test, tracciamenti)
• Controlli sanitari ai confini
• Assunzione di personale medico e paramedico
• Sviluppo della medicina territoriale.
• Sostegno incondizionato alle famiglie siciliane: mille euro per tutti.
Antudo!