Alternanza scuola-lavoro: in Sicilia si fa nelle basi militari
È passato esattamente un anno da quando la guerra è tornata a fare notizia alle nostre latitudini. Nella fase storica che stiamo attraversando, da tanti segnali sembra concretizzarsi la minaccia di un aumento di tensioni tra gli stati (dall’invasione Turca nei territori liberati del Rojava all’Europa). Ed è proprio in questo quadro, con un perfetto quanto sconcertante tempismo, che alcune scuole siciliane decidono di approvare un progetto di PCTO – il dispositivo dell’alternanza scuola-lavoro, già messo fortemente in discussione dagli studenti come mezzo di sfruttamento – all’interno delle basi militari.
L’obiettivo: normalizzare colonialismo e guerra
Le istituzioni hanno dunque deciso di riconoscere e perfino legittimare a mezzo di formazione professionale per gli studenti un luogo come Sigonella, che contribuisce a tutti gli effetti nel dare una spinta propulsiva ai conflitti imperialisti globali. Sigonella è infatti la principale base aeronavale delle forze armate italiane, USA e NATO nel Mediterraneo e ha un ruolo da protagonista nell’attuale conflitto in Ucraina oltre a essere il luogo da cui si dirigono droni di intelligence e di attacco. Si tratta di una base militare americana da cui ogni giorno partono droni verso luoghi apparentemente remoti, lontani dagli occhi e dal cuore dell’occidente, in cui però tutti i giorni si consuma la guerra. La Sicilia dunque ha un ruolo tutt’altro che marginale nello scacchiere geopolitico e militare internazionale, anzi risulta essere a tutti gli effetti un territorio di importanza strategica posto al centro del Mediterraneo e usato a scopo di morte e profitto dagli USA, con il beneplacito dello Stato italiano, di cui la nostra isola è colonia interna. Siglare un protocollo per lo svolgimento del PCTO in una base militare è una scelta governativa che appare chiaramente mirata a rafforzare la sudditanza agli USA, a normalizzarne la presenza sul territorio, a favorire il radicarsi di una mentalità militarista e guerrafondaia, la stessa che gli Stati Uniti d’America esportano nel mondo spacciandola per democrazia ormai da decenni. Evidentemente secondo il ministro Valditara e chi prima di lui ha pensato e progettato i protocolli d’intesa tra scuole ed esercito, questi sono i valori da infondere a quei 350 studenti che saranno tenuti a svolgere il programma nel periodo tra marzo e maggio 2023, obbligatorio per portare a termine il percorso di studi ed essere ammessi all’esame di maturità.
“No alla scuola di guerra”
Nello specifico, studenti di diverse scuole siciliane, tra cui l’ITAS Arturo Ferrarin e l’ISIS Duca Degli Abruzzi di Catania, per diversi mesi saranno costretti a stare a stretto contatto con i militari all’interno della base. Già da tempo l’alternanza scuola-lavoro, ora PCTO, ha messo in luce gli aspetti spietati di un sistema che ha come priorità la produzione e l’estrazione di valore dei saperi e dell’intera vita degli studenti, utilizzandone i corpi e le capacità per svolgere mansioni lavorative in orario scolastico e mettendone spesso a rischio anche la vita. Adesso con il modello di “scuola in divisa” si sigla l’ancora più avanzato tentativo di piegare la formazione agli interessi di chi pianifica e gestisce le guerre, traendone profitto. Per questo gli studenti e le studentesse del Movimento No Muos con un messaggio chiaro, “No alla scuola di guerra”, si oppongono a questo protocollo, consapevoli che non è possibile accettare una scuola che anziché formare coscienze critiche, tenta di manipolare gli studenti e le studentesse per accettare come unica opzione un futuro di guerra.