Migliaia di catalani a Strasburgo, a fianco di Puigdemont, Junqueras e Comin.
«Oggi le strade di Strasburgo parlano catalano, ma per lo più parlano democratico. Alcuni vorrebbero le strade vuote, in silenzio, ma noi le riempiamo e combattiamo». Così l’ex presidente catalano Carles Puigdemont su Twitter, parlando della manifestazione di protesta di ieri, giorno dell’insediamento del parlamento europeo a Strasburgo.
La questione catalana prova a diventare questione europea. Nel senso della mobilitazione popolare e della solidarietà internazionale. Due fatti in contemporanea; primo: migliaia di cittadini catalani hanno raggiunto la città francese per protestare contro l’impossibilità di tre dei neoparlamentari europei eletti – Oriol Junqueras, Carles Puigdemont e Toni Comin – di assumere il proprio mandato; secondo: il Sinn Fein, storico partito dell’indipendenza irlandese, porta la questione dentro l’Assemblea, rompendo il monolitico silenzio di tutti partiti.
Oriol Junqueras è in carcere in attesa della sentenza del Tribunale di Madrid nel processo che lo vede imputato, insieme a altri, per il referendum dell’1 ottobre, accusati tutti di sedizione e violenza (la sentenza dovrebbe arrivare a settembre); su Puigdemont e Comin pende un ordina di cattura internazionale emesso da Madrid cui il Belgio, dove sono rifugiati, non ha dato esecuzione. Puigdemont aveva fatto trapelare che si sarebbe potuto mostrare a Strasburgo, in Francia, ma c’era la concreta possibilità che venisse invece arrestato e estradato, e ha rinunciato. Junqueras aveva chiesto un “permesso” per andare a Strasburgo (permesso che gli era stato concesso per prendere possesso del seggio alla Camera spagnola), ma gli è stato negato; Puigdemont e Comin dovrebbero votare davanti alla Camera spagnola per prendere possesso del loro seggio a Strasburgo, ma se vanno in Spagna vengono arrestati.
«Oggi siamo qui perché più di due milioni di persone hanno votato degli eurodeputati che non possono prendere possesso del loro seggio. Sono stati violati i loro diritti come eletti e i nostri come elettori. Io ho votato, ma non ho il mio rappresentante nel Parlamento, né in Europa né in Catalogna. I miei rappresentanti politici non possono esercitare il loro mandato». Questo era il sentimento comune dei manifestanti catalani – circa diecimila, arrivati con 80 pullman, due voli charter, in auto, convocati dal ‘Consiglio della Repubblica’, una sorta di governo ombra in esilio – davanti al Parlamento europeo di Strasburgo.
È stato letto il manifesto “Let’s Fill Strasbourg”, firmato da 30.000 persone finora, dove si dice che «la Spagna sta contagiando l’Unione europea con la sua soluzione repressiva alla pacifica, civile richiesta democratica dei catalani».
In vista della prima seduta del nuovo Parlamento europeo, il portavoce degli affari esteri dello Sinn Féin, Seán Crowe, ha invitato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, a garantire che i diritti politici dei deputati catalani siano tutelati: «Carles Puigdemont e Antoni Comín sono ostracizzati dall’adempimento dei loro mandati democratici e dalla partecipazione alla prima seduta di domani. Il governo spagnolo sta chiedendo alla Francia l’arresto e l’estradizione in Spagna. L’ultimo tentativo del governo spagnolo di vietare a questi deputati di prendere il proprio posto è una chiara violazione dei loro diritti politici e un disprezzo per gli oltre due milioni di cittadini dell’UE che hanno votato per loro. Chiedo al Presidente del Parlamento europeo di garantire che i diritti politici di questi tre deputati siano salvaguardati e di garantire che possano partecipare pienamente alla seduta inaugurale di domani».
Intanto, la Corte di giustizia dell’Ue ha respinto il ricorso presentato dall’ex presidente catalano Carles Puigdemont. La richiesta di Carles Puigdemont di consentirgli di prendere possesso del suo scranno è stata rifiutata in considerazione del fatto che il richiedente non figura nella lista consegnata dalle autorità spagnole al Parlamento. Madrid ha consegnato a Strasburgo la lista di quelli che hanno prestato giuramento sulla costituzione davanti alla commissione elettorale e tra questi non c’è il nome di Puigdemont. Il tribunale Ue pronuncerà una sentenza definitiva prossimamente. “Andremo avanti”, ha twittato l’ex presidente catalano promettendo battaglia.
Chi, come lo Stato spagnolo, crede che più repressione possa fermare il percorso di indipendenza dei catalani – sbaglia proprio di grosso.