Catalogna: No esteu sols, non siete soli!
È iniziato, davanti al Tribunale costituzionale di Barcellona, il processo contro Artur Mas, ex presidente della Generalitat, il governo catalano, per disobbedienza civile per aver promosso il referendum del 9 novembre 2014 sull’indipendenza. In realtà, il governo non indisse nulla, perché il referendum era stato promosso da una quarantina di cittadini, ma Mas ha rivendicato di averlo appoggiato.
Il risultato del referendum – che la Corte suprema aveva vietato e il cui risultato non aveva perciò alcun valore vincolante – fu di uno strepitoso successo a favore dell’indipendenza (l’ottanta percento di circa due milioni di voti), anche se alle urne si recò solo un terzo degli elettori aventi diritto.
Un corteo di decine di migliaia di persone, in un gran sventolio di bandiere, ha accompagnato Mas e altri imputati – che rischiano l’interdizione per dieci anni dai pubblici uffici, se riconosciuti colpevoli – fino al Palazzo di giustizia, dove poi Mas ha svolto la sua accorta e passionale difesa.
Il primo ministro Rajoy, che è riuscito a formare un governo di maggioranza risicata dopo lo stallo di due elezioni in un anno e grazie all’astensione dei socialisti, aveva sinora fatto la faccia feroce, minacciando anche l’uso della forza – una frase che per le vicende storiche della guerra civile ha un suono sinistro –, e ultimamente sembra cercare una via più morbida.
Anche se al momento – in un parlamento sfilacciato e carico di contraddizioni – non si riesce a capire quale possa essere una soluzione alternativa al processo di indipendenza. O resiste il centralismo di Madrid – e soccombe una secolare richiesta di autogoverno e autodeterminazione catalana – o bisognerà tirare fuori un coniglio dal cappello, per immaginare una nuova forma di amministrazione statuale (e non è solo la Catalogna a rivendicare l’indipendenza). Mas, e il suo successore alla Generalitat, Carles Puigdemont, dove c’è oggi una maggioranza indipendentista, hanno promesso che entro l’autunno si svolgerà un nuovo referendum, e stanno studiando una formulazione che non possa essere invalidata, e quindi abbia carattere vincolante.
La cosa interessante è che Podemos, una delle tre formazioni politiche che si spartiscono il bacino elettorale spagnolo, sinora tiepida sull’indipendenza o più precisamente: ha sempre demandato allo svolgimento di un referendum la soluzione, si è schierata contro il processo a Mas, in nome del valore e del significato della consultazione democratica. Sia Iglesias che Errejon – leader del movimento – hanno apertamente criticato l’uso dei tribunali per una questione che è con tutta evidenza politica. Anche Ada Colau, sindaco di Barcellona e vicina a Podemos e che non è una fervente indipendentista, è scesa in piazza.
Insomma, la questione catalana finisce davvero con l’investire tutta la Spagna e il suo ordinamento – e non solo perché è un’area territoriale di vitale economia industriosa. Sinora, il forte autonomismo – con una serie importante di “concessioni” – sembrava il collante dei movimenti catalani. Dallo scoppio della crisi economica, non è più così.
Il processo riprenderà, e sarà molto interessante seguirlo.