Chi ha stuprato la città

Chi ha stuprato la città

di Luigi Sturniolo

“Quelli che hanno stuprato la città” Accorinti lo ha detto per cinque anni e alla fine di questi non si era ancora capito chi avesse stuprato la città e, soprattutto, l’opera di pacificazione messa in atto attraverso il Piano di Riequilibrio aveva lasciato inalterati gli equilibri politici e lasciata vuota la casella delle responsabilità. Adesso anche De Luca ha iniziato a utilizzare quell’espressione. Di certo ci saranno quelli che hanno stuprato la città se la città è nelle condizioni che tutti quanti viviamo quotidianamente, ma messa per come è stata messa in questi anni sembra che questi stupratori appartengano ad un altro mondo, non siano parte degli equilibri politici che ancora oggi sono in vigore. Oppure quella storia è finita? Oppure chi ha stuprato la città si è tolto dai piedi e gli attuali attori sono davvero espressione di una novità?

C’è un posto nel quale diventa esplicito chi e come ha lasciato la città nelle condizioni che questa oggi vive. Quel luogo sono i bilanci. C’è uno strumento che lascia inalterati gli equilibri precedenti. E’ l’opera di risanamento finanziario attraverso la quale ai cittadini vengono chiesti sacrifici al netto di una soluzione di continuità col passato. Questo è avvenuto? Non sembrerebbe. Le liturgie autoreferenziali del Consiglio Comunale sono un ricordo del passato o è ancora così? Sta fresco De Luca a chiedere voti di fiducia all’aula. In Consiglio Comunale ogni giorno è il primo e qualsiasi cosa entri viene scomposta in particelle elementari, trasformata in plasma e infine ricombinata in un’altra cosa ancora. Mai definita. Con una nuova convocazione di Consiglio. Una produzione di sedute a mezzo di sedute.
Ma tutto questo, in realtà, è solo uno spostamento dell’ordine del discorso da ciò che dovrebbe essere davvero al centro del dibattito e cioè la prima parte del documento che De Luca ha chiamato “Cambio di passo”. A ben guardarci l’esibizione dei grandi risultati non è tale. Quantomeno non corrisponde agli obbiettivi che lo stesso Sindaco si era dato per evitare la dichiarazione di dissesto. Colpa sua? No, non è possibile il risanamento finanziario in un Comune solo. Non è possibile sopportare la riduzione dei trasferimenti dallo Stato ai Comuni che questi hanno subito negli ultimi anni. Non è possibile un consistente recupero della riscossione dei tributi in territori che stanno diventando un deserto produttivo.
In atti amministrativi il Sindaco aveva chiarito che il dissesto finanziario sarebbe stato evitato solo se fossero state fatte transazioni finanziarie al 50% con creditori che possedessero almeno il 70% del credito certificato da sentenze passate in giudicato (112 milioni di euro). Nel documento “Cambio di passo” viene chiarito che il risparmio attraverso quello strumento è stato di 22 milioni, un valore anche buono, ma distante dall’obbiettivo prefissato. Certo, poi ci sono le transazioni finanziarie al 100% con 13 rate annuali, ma lì che risparmio c’è? E, soprattutto, possiamo considerarlo un atto d’indirizzo, posto che il Piano di riequilibrio non è stato ancora approvato e non esistono pluriennali di 15 anni? Infine, ma si può dire che sono stati eliminati 155 milioni di euro dentro i quali starebbero i disavanzi di Messinambiente e Atm perché queste società sono in liquidazione? Chi pagherà quando i creditori busseranno alle porte?
C’è questo e c’è altro. Si tratta di aspetti dei quali ne va della vita delle persone che abitano la nostra città. Eppure siamo costretti ad assistere ad una sit-com politica nella quale gli attori sulla scena di una città dalla quale i giovani fuggono come fosse in attesa di un meteorite che la distruggerà definitivamente si rinfacciano reciprocamente, prendono caffè pacificatori, chiedono assessorati, offrono cabine di regia. Pura metafisica politica infinitamente distante dalla vita quotidiana. Ma, si sa, “chi parla di politica senza riferirsi alla vita quotidiana si riempie la bocca di un cadavere”. Insomma, non era proprio così, ma forse funziona lo stesso.

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