La procura chiede la confisca del Muos
Sta arrivando alle battute conclusive il processo che vede imputate quattro persone sospettate di avere concesso o goduto di autorizzazioni irregolari per la costruzione del Muos, il sistema di videosorveglianza globale voluto dall’esercito americano a Niscemi, nel cuore della Sicilia. E tra le richieste del pubblico ministero fa rumore quella relativa al sequestro dell’impianto già in funzione.
Ieri una nuova udienza ma con colpo di scena: la procura chiede il sequestro dell’impianto. Gli imputati di questo filone processuale – questo si sta, infatti, celebrando con rito abbreviato; ad aprile si aprirà un nuovo iter ordinario – sono i tre titolari delle imprese coinvolte nella realizzazione dell’opera oltre a Giovanni Arnone, dirigente regionale firmatario delle autorizzazioni utili al progetto. Tutti sono accusati di abusivismo edilizio e violazione della legge ambientale, reati per cui la procura di Caltagirone ha richiesto una condanna di un anno oltre che un’ammenda pecuniaria (ventimila euro a testa). Ma a prendersi le prime pagine dei giornali è la richiesta del procuratore capo di Caltagirone, Giuseppe Verzera, di procedere al sequestro del Muos.
L’ipotesi dell’accusa si regge sulla definizione – prevista nella legge regionale ambientale – di “inedificabilità assoluta” relativa alla sughereta di Niscemi dove poi è stata realizzata l’opera. Secondo gli inquirenti, dunque, la concessione non sarebbe mai dovuta essere emanata dalla Regione: questa avrebbe dovuto privilegiare le leggi in difesa dell’ambiente rispetto a questioni diplomatiche e militari che nella vicenda sono state invece trattate come quelle più importanti.
La storia del Muos è ricca di contraddizioni, scontri e proteste. Sovranità territoriale, strategie militari, salute e ambiente: sono solo alcuni dei temi che si intrecciano in questa vicenda. Una storia portata definitivamente alla ribalta dalle manifestazioni del Movimento NoMuos; movimento che però, oggi, sembra aver attenuato le sue spinte sociali.
Il 23 febbraio si terrà una nuova udienza del processo: previste le arringhe degli avvocati della difesa. Aldilà di come si concluderà l’iter processuale, la richiesta di sequestro del Muos potrebbe aprire nuovi scenari di lotta e conflitto per l’intero territorio. Almeno potenzialmente. Negli ultimi mesi, infatti, del Muos si parla solo in relazione alle aule di tribunali e ai ricorsi in cassazione. In un certo senso, la magistratura si pone in ottica sostitutiva rispetto alle ragioni sociali di un movimento di protesta che sembra svanito. Ma chiunque può ben capire che la lotta per i diritti e per il territorio non può essere affidata ai giudici. Che il messaggio di oggi venga recepito?!