Elezioni 2022. Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?
Quanta confusione sotto il cielo dei partiti politici nazionali: finte inimicizie, giravolte, cambi di casacca, accordi fatti saltare e chi più ne ha più ne metta. Certo, niente di nuovo sotto questo cielo. Ma la contraddittorietà dei partiti, diventa (è già) contraddittorietà dei media, di quello che viene detto e raccontato; è la confusione della gente, di chi guarda ancora il tg, magari lasciandolo in sottofondo mentre si prepara la cena, o di chi legge ancora il giornale. E il rischio è ( ma anche questo già accade abbondantemente) di introiettare il punto di vista di chi in fin dei conti si vuole servire di noi, dei nostri corpi, delle nostre vite. In questi momenti, quindi, serve sempre provare a fare ordine tra i titoli, le dichiarazioni e le urla e provare a leggere ciò che avviene senza le lenti e il linguaggio delle squadre in campo o dei tanti, troppi tifosi anti-meloni, anti-pd, e compagnia cantante. E anche senza le lenti di quegli opinionisti che pensano di spostare gli equilibri politici con inutili e fuorvianti post su facebook, twitter, ecc.
Tornare alla realtà
Partiamo da alcuni dati di realtà scontati, ma forse non per tutti: in Italia, come in tutto l’occidente, e non da oggi, all’interno dell’arco istituzionale si muovono forze esclusivamente neoliberiste. Forze in competizione tra loro perché portatrici di interessi molto particolari ( i cosiddetti pochi) ma diversi. Ma, appunto, dire questo è come dire di avere scoperto l’acqua calda. Pensiamo sia, comunque, utile ribadirlo perché oltre a parlare agli addetti ai lavori, magari a quelli che si pongono il problema del campo progressista o di consegnare il paese alla Meloni, abbiamo l’ardire di parlare a gente comune, che segue i dibattiti e le discussioni da talk show pensando che se guida la destra o la sinistra cambia poco e che non c’è un’alternativa al governo dello Stato.
Giorgio Gaber nel 1994 faceva uscire un pezzo dal titolo destra-sinistra. Un brano ironico in cui chiedeva «ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?», dando risposte, elencando differenze ( e neanche sempre) che non a caso ricadevano nel campo dell’estetica, delle abitudini, dei gusti nel vestire o nel mangiare. Niente che avesse a che vedere con la politica vera, con il governo dei territori per gli interessi delle comunità. “Il pensiero liberale è di destra, ora è buono anche per la sinistra”, diceva.
Per una poltrona in più
Ora, non esiste più un campo progressista (sempre dentro il paradigma neoliberista), non perché il «M5S ha deciso di rompere l’alleanza per una poltrona in più», ma perché tutti i gruppi di potere e i loro rappresentanti, si muovono con questa logica.
Mentre nel centro-destra, nonostante gli attriti, le crociate tra correnti, famiglie e capi bastone, a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, conviene andare insieme, nel centro-sinistra il campo progressista non conviene a tutti. Inoltre va detto, per completezza, che quelli che continuano a dire che Conte ha consegnato la Sicilia alla destra sono degli stupidi opportunisti come Conte. Perché se è vero che c’è tanta gente che ha la memoria corta, ce n’è altrettanta che ricorda che alle precedenti elezioni, quando il M5S era una forza politica completamente diversa con percentuali di consenso totalmente diverse, il centro-destra ha vinto per le stesse ragioni. Perché il movimento cinque stelle non si voleva dare ad alleanze. Perché nel 2017 i grillini avevano la possibilità di vincere e governare da soli, adesso invece possono solo gestire la sconfitta. E, poi non ci dimentichiamo, che fino al giorno prima delle elezioni del 25 settembre, in Sicilia, il Presidente sarà Musumeci di Fratelli di Italia, partito della Meloni, adesso candidato al Senato della Repubblica. Un presidente non peggiore di illustrissimi presidenti di centro-sinistra come il campione dell’antimafia amico di Montante, Rosario Crocetta.
Il consenso da alla testa
La verità è che la “crisi” della rappresentanza politica dei partiti, lo scollamento tra “rappresentati” e “rappresentanti”, si trova nel punto più alto di sempre e questo ad alcuni sta dando alla testa. Ma sarà sempre peggio perché nessuno tra gli attori e le comparse ha voglia di cambiare le regole del gioco, e se le cambiano lo fanno solo per conservare le loro posizioni di privilegio.
Di questa “crisi” non dobbiamo certo preoccuparci, né tanto meno dobbiamo porci il problema di risolverla. Perché è la diretta conseguenza di un modo di intendere la politica che si forgia dentro il sistema di dominio in cui viviamo. Un sistema che allontana i centri decisionali dai territori e i suoi abitanti, facendosi forza sulla distruzione e la devastazione delle nostre vite e dei luoghi in cui abitiamo. Quello di cui dovremmo preoccuparci, quindi, è come riavvicinare la decisionalità a chi veramente i luoghi li abita, e ri-costruire delle nuove istituzioni che mettano al centro il progetto per una società totalmente diversa.