L’emergenza come forma di governo
Il recente Decreto sulla Governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza definisce l’architettura istituzionale che regolerà la gestione delle risorse del Recovery Fund.
Si tratta di un impianto fortemente centralizzato con una verticalizzazione del processo decisionale (articolato in Cabina di regia, Tavolo di partenariato e Unità di missione) che ha al suo vertice la Presidenza del Consiglio dei Ministri e che svuota ogni autonomia dei territori. Nonostante sia stato presentato come un provvedimento finalizzato allo snellimento della Pubblica Amministrazione non interviene sull’organizzazione e le procedure degli uffici. Piuttosto si sostituisce ad essi attraverso gli istituti chiamati a gestire senza intoppi e in deroga agli ordinari sistemi di controllo e trasparenza. Soprattutto tali istituti sono indipendenti dal quadro politico. Essi, infatti, travalicano la durata stessa dell’attuale esecutivo e rimangono in vigore fino al 2026, data ultima di completamento delle opere previste nel Recovery Plan. Nei fatti si tratta di istituti che rispondono ai dettati dell’Unione Europea e alle risorse che questa mette a disposizione.
La governance del PNRR
In realtà l’attuazione di una politica di commissariamento della governance pubblica nell’attuale fase di crisi sanitaria ed economica è il punto di arrivo di un processo che in Italia ha già una durata ventennale. Era già stato, infatti, ampiamente sperimentato al volgere del nuovo secolo nella politica delle Grandi Opere, dei grandi eventi e delle catastrofi naturali. Un susseguirsi ininterrotto di norme aveva, infatti, fatto da sfondo all’epopea della gestione commissariale da parte della Protezione civile in seguito al terremoto di L’Aquila o in occasione dei Mondiali di nuoto a Roma e dell’organizzazione del G8 nell’isola di La Maddalena. Lo stesso era accaduto con i meccanismi sottesi alla costruzione delle grandi opere attraverso il General Contractor. La ricaduta di questo indirizzo politico era stato un progressivo esautoramento dei poteri di controllo dei tradizionali istituti delle rappresentanze territoriali e l’esclusione degli abitanti dal processo decisionale.
La politica dei disastri
Naturalmente, venendo rimosse tutte le procedure di controllo, l’accentramento delle decisioni ha generato processi corruttivi e dilapidazione di risorse pubbliche. Quel percorso, quindi, si fermò, travolto da una sequenza di scandali, ma ha lasciato un carico di indebitamento per le generazioni successive. Si pensi all’ingigantimento dei costi previsti per la realizzazione delle opere pubbliche o ai debiti rimasti in carico ai Comuni in relazione alle opere da costruire in occasione dei grandi eventi sportivi. Una modalità, quella del commissariamento, giustificata dalle lentezze delle tradizionali forme di gestione della cosa pubblica, che si è rivelata, una volta messa alla prova, profondamente inefficiente e costosa per le comunità.
D’altronde in Sicilia i ripetuti commissariamenti per l’emergenza rifiuti non hanno dato nessun risultato e l’isola rimane ancora sommersa dalla munnizza, con percentuali di raccolta differenziata molto contenute (soprattutto nelle grandi città) e un costo del servizio per i cittadini proibitivo. Allo stesso modo, dopo molti anni di commissariamento per l’emergenza traffico per l’attraversamento della città di Messina da parte dei Tir le opere previste sono ancora incompiute (svincoli autostradali e porto di Tremestieri) e i cittadini continuano a subire l’inquinamento generato dal gommato. Paradigmatici, poi, ormai, i casi di commissariamento dei bilanci comunali in seguito alle dichiarazioni di dissesto o il commissariamento di fatto delle Giunte nei Comuni in predissesto. Non è difficile verificare l’inefficacia di tali provvedimenti che hanno avuto l’unica conseguenza di ridurre i servizi ai cittadini.
L’emergenza permanente
Insomma, con la crisi sanitaria derivata dal Covid va a compimento l’idea dell’emergenza come sistema di governo della società. Se c’è una norma che nel nuovo Decreto sulla Governance del PNRR risulta particolarmente odiosa, questa la si può rintracciare nell’istituzione di una Soprintendenza unica speciale per la realizzazione delle opere contenute nel Recovery Plan. Come in un banale meccanismo di cortocircuito istituzionale il controllato ed il controllore si sovrappongono. Lo stesso può dirsi per l’istituzione della Commissione speciale per la Valutazione d’Impatto Ambientale.
La tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale vengono così inserite nella medesima catena di comando del soggetto che deve sovraintendere alla realizzazione delle opere e che risponde politicamente dell’utilizzo dei fondi: la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma si tratta solo di un esempio. Nei fatti si realizza così il sogno di tutte le forme autoritarie di governo della società. La crisi, diventata permanente – causata da una catastrofe, divenuta permanente – genera una emergenza permanente che regola ormai tutta la vita sociale.