Emergenza idrica a Castelbuono: rubinetti chiusi alle 9 del mattino
L’emergenza idrica in Sicilia è una questione annosa e ancora aperta, mai affrontata in modo incisivo dalle varie rappresentanze politiche che si sono succedute al potere.
Oggi i disastrosi cambiamenti climatici ci impongono una riflessione seria e urgente che si traduca in piani strutturali di adeguamento delle reti idriche, ad oggi materialmente un “colabrodo”.
Le cause dell’emergenza idrica
La prima causa dell’emergenza idrica è senz’altro la siccità. Tuttavia, si stima che il 40% dell’acqua che attraversa le condutture venga persa lungo il tragitto, per via della fatiscenza e obsolescenza degli impianti, alcuni risalenti al periodo pre-bellico. In particolare, per quanto riguarda Castelbuono, luogo dal quale stiamo scrivendo, la mancanza di acqua nelle abitazioni è da attribuire a fattori non per forza collegati al clima. Un esponente politico di vecchia data ci racconta che l’apporto di acqua a una delle sorgenti principali si è ridotto dopo alcuni lavori (che coinvolsero il torrente Canne) per la più grande opera incompiuta del Sud Italia: la diga di Blufi, costata allo stato 145 miliardi di vecchie lire!
«Altra causa di inefficienza è senz’altro la rete idrica obsoleta e l’aumento delle costruzioni che ha fatto fare un delta in giù alla pressione in rete» – aggiunge.
A cavallo tra gli ultimi anni del secolo scorso e i primi del 2000, l’amministrazione di allora partecipò a un bando pubblico regionale che avrebbe coperto il riadeguamento del 50% della rete idrica (per un ammontare di €120.000.000). Ma nello stesso periodo la legge impose che la gestione dovesse passare attraverso le famose “ATO idriche” che nulla fecero, e il finanziamento per quel progetto, già ultimato, andò perso.
Emergenza idrica nella Madonie
Il risultato è che a Castelbuono, come in altri paesi delle Madonie, l’erogazione dell’acqua pubblica viene interrotta anche nei mesi invernali, con non pochi disagi per chi questi luoghi li vive tutto l’anno. In questi giorni i rubinetti vengono chiusi già alle nove del mattino, e per tutta la giornata.
L’emergenza sembra, però, non interessare la politica locale incentrata e ossessionata dal turismo massificato che, convertito in fatti, sta solo trasformando centri storici di inestimabile valore storico-culturale in una sequenza schizofrenica di B&B, sacrario della retorica dell’imprenditoria di se stessi. Ci si chiede come si possa parlare di turismo in questi borghi, in cui agli abitanti, a fine dicembre, non è neppure garantita l’acqua pubblica per tutto il giorno. Ci si chiede – provocatoriamente – come, sotto queste condizioni, si possa soddisfare il fabbisogno idrico, implementato addirittura dai tanto osannati flussi turistici.