I Fasci dei lavoratori di Caltavuturo: una strage dimenticata
Il 20 Gennaio del 1893, conosciuto anche come il giorno della strage di Caltavuturo, comune in prossimità di Palermo, undici contadini furono uccisi a colpi di fucile dalle truppe militari della caserma di quella zona.
Appartenevano a una delle società di mutuo soccorso che costituivano il Movimento dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, un movimento che si batteva per contrastare il sistema del latifondo agrario e si ribellava a una monarchia che aveva ridotto i siciliani in stato di miseria.
Abolire la mezzadria e il terratico
Le principali rivendicazioni dei Fasci dei Lavoratori, che sorsero ufficialmente in Sicilia nel 1891 a Catania, erano la concessione delle terre da parte dei grandi proprietari feudali e l’abolizione della mezzadria e del terratico. Queste ultime erano i patti che, a quei tempi, regolavano il rapporto lavorativo e retributivo tra il proprietario terriero e il contadino. Tali contratti prevedevano un sostanziale sfruttamento del lavoratore perché costretto ad accontentarsi di percentuali minime dei raccolti dal proprio lavoro, duro e sfiancante.
La mezzadria, infatti, consisteva nella concessione al contadino di un terzo dei raccolti. Come se ciò non bastasse, il mezzadro era tenuto a cedere al proprietario una parte della sua quota in cambio di protezione.
Il terratico era ulteriormente svantaggioso perché il contingente obbligatorio da parte del contadino consisteva in una quota fissa, in denaro o in natura, indipendentemente dall’esito del raccolto. Non più proporzionale dunque al raccolto che gli era stato consegnato.
20 gennaio 1893: una strage per soffocare nel sangue la questione siciliana
In questo contesto, il desiderio di riscatto sociale crebbe. Contadini e minatori si organizzarono all’interno dei Fasci siciliani dei Lavoratori, avviando proteste e occupazioni di terre in diversi comuni dell’isola. C’erano Fasci siciliani dei lavoratori in quasi tutte le provincie della Sicilia.
La mattina del 20 Gennaio, 500 contadini decisero di occupare, a Caltavuturo, presso il Gorgo di Sant’Antonio, le terre possedute dal demanio comunale. Questi appezzamenti erano stati oggetto dell’ennesima promessa di redistribuzione della terra non mantenuta.
A seguito di una sassaiola ingaggiata contro l’esercito regio, il Governo rispose con una dura repressione, uccidendo 11 contadini e lasciandone altri 40 feriti. Tutti gli altri manifestanti furono inseguiti dai soldati fino a quando riuscirono a seminarli.
Il massacro ebbe un effetto catalizzatore. Si diffusero nei mesi successivi manifestazioni e proteste fortemente conflittuali in diverse parti della Sicilia e si andava inasprendo lo scontro sociale. L’apice fu raggiunto nell’autunno del 1893 quando il movimento organizzò un’insurrezione in tutta l’isola, con durissimi momenti di tensione. La repressione portata avanti dal Governo Crispi vide susseguirsi numerose esecuzioni di contadini e operai.
Il movimento dei Fasci siciliani dei Lavoratori si dissolse infine nel 1894.
Perché ricordarla?
Della strage di Caltavuturo, come delle tante rivolte avvenute in quegli anni in Sicilia, non c’è traccia – se non minima – nella storiografia ufficiale. Furono anni segnati dall’insofferenza degli operai, dei contadini e dei minatori siciliani nei confronti di uno Stato monarchico sempre più assente e sordo di fronte alle loro richieste e ai loro bisogni.
Questa insurrezione si fa simbolo del sentimento di sfiducia e di rabbia che si era diffuso nell’isola a vent’anni dall’Unità d’Italia. L’unificazione si era realizzata attraverso un processo di annessioni da parte del Regno di Sardegna e in Sicilia aveva acuito ulteriormente le condizioni di sfruttamento e di subalternità rispetto alle regioni del Nord.
Ripercorrere quegli avvenimenti ci permette di non perdere la memoria e mantenere vivo il desiderio di riscatto che non ha mai abbandonato la Sicilia e i siciliani.
Mio padre era nato a Caltavuturo ma e morto molto giovane ,mi fa piacere conoscere la storia di questo paese e della Sicilia e immaginare che i mie antenati abbia combattuto per i loro diritti.
A CAPO DEL GOVERNO E RESPONSABILE DELLE REPRESSIONI DEI LAVORATORI DELLA TERRA C’ERA
UN MIO COMPAESANO FRANCESCO CRISPI,