La Finanziaria della discordia
Non è partita a gonfie vele la settimana della giunta regionale siciliana. La riunione tenutasi domenica non è andata a buon fine e il nodo sulla finanziaria non è ancora stato sciolto.
L’altro ieri la giunta regionale avrebbe dovuto trovare un accordo definitivo sulla Finanziaria 2021. Così, però, non è stato. I tagli proposti da Gaetano Armao non sono piaciuti ai compagni di giunta. Eppure, l’Assessore regionale all’Economia i soldi per colmare il nuovo buco di bilancio di 300 milioni da qualche parte dovrà trovarli.
Una finanziaria travagliata
I 300 milioni di deficit equivalgono a quelli segnalati dalla Corte dei Conti sul Rendiconto 2019. Ma secondo Armao «è tutto a posto»: il buco sarebbe invece dovuto alle mancate entrate fiscali del 2020 dovute alla crisi pandemica. La bozza del documento presentata domenica da Armao non ha fatto fare i salti di gioia ai suoi colleghi assessori. Ricevuta la notizia che i tagli ai fondi per i loro dipartimenti avrebbero raggiunto (in alcuni casi) il 15-20%, c’è stata una levata di scudi generale. A quel punto, rimandare la discussione è divenuta una scelta obbligata.
Ma c’è un altro nodo irrisolto: un accordo siglato tra Stato e Regione a settembre prevede che Roma, come già avvenuto nel 2020, compensi tutte o parte delle mancate entrate regionali. Se, come sostiene Armao, questi 300 milioni derivano dalle mancate entrate dovute al Covid, allora il problema sarebbe risolto. Cosa aspetta l’assessore a chiedere quanto gli spetta al governo nazionale? O forse dietro quel buco da 300 milioni si nasconde qualcos’altro?
Le promesse da mantenere
L’ulteriore riunione di giunta per produrre una nuova bozza risolutiva è prevista per oggi. Tra l’altro questa finanziaria, annunciata in estate, è attesa da molti che aspettano ancora i finanziamenti promessi nei mesi passati dal Presidente Musumeci. In ballo ci sono i 5 milioni per cinema e spettacoli; buona parte dei fondi per i Comuni e per il turismo; 70 milioni destinati al sostegno alla povertà e i fondi per l’editoria e le case popolari. Certamente non questioni da poco.
Un’altra voce in capitolo che sta facendo parecchio discutere è quella dei 40 milioni alle imprese che si sono riconvertite per la produzione di dispositivi di protezione individuale. Queste, dopo la promessa dei finanziamenti, hanno investito, assunto personale e messo i loro prodotti a disposizione della comunità. Ma i 40 milioni non sono mai arrivati e adesso le imprese contano i danni.
Ce lo ricordiamo ancora Musumeci che, con fierezza, annunciava la misura che sollecitava il distretto della meccatronica a operare la riconversione per avere una produzione di mascherine tutta siciliana. È passato quasi un anno, ma questi soldi non sono mai arrivati. Adesso i posti di lavoro creati ad hoc per rispondere alle esigenze dei siciliani rischiano di essere persi. «Abbiamo investito due milioni, formato il personale dando nuove speranze a disoccupati over 50, abbiamo dato la disponibilità ad abbassare i costi pur di dotare sanitari e dipendenti pubblici di Dpi certificati e sicuri. Purtroppo – afferma Emanuele Montalbano – le istituzioni sono ferme. E la Regione continua a dotarsi di Dpi cinesi che non offrono garanzie alla salute per chi le indossa».