Finanziaria: niente fondi per il tempo pieno in Sicilia!
Hanno fatto un gran parlare di tempo pieno al Sud durante la campagna elettorale, ma tra il dire e il fare c’è una bella differenza: nella prossima legge di bilancio non ci saranno le risorse necessarie per finanziarlo.
Sfuma, così, la possibilità per almeno 2.000 docenti siciliani deportati al Nord Italia a causa della legge 107 di ritornare nella propria terra, dai propri cari per lavorare nel luogo in cui si sono formati e hanno costruito relazioni. Ma soprattutto sfuma, e non è certo la prima volta, la possibilità per gli studenti siciliani della scuola primaria di recuperare il gap con i coetanei del Centro-Nord e di riprendersi il tempo di scuola negato, 2.145 ore.
In Sicilia ben 85 alunni della primaria su 100 escono da scuola all’ora di pranzo. E non c’è alcuna intenzione di voltare pagina. Solo a luglio 2019 la Sicilia ha restituito al Miur ben 96 cattedre di tempo pieno su 246 per inadeguatezza. Quasi il 40% dei posti da insegnante assegnati dal Governo con la Legge di Bilancio 2019 proprio per attivare le lezioni pomeridiane successive alla mensa sono state rimandate indietro.
“Non ci sono state le richieste che ci si aspettava” così questo governo giustifica la scelta. Sarebbe dunque un problema culturale?
Il problema vero è che in Sicilia mancano gli spazi e le mense che permettano l’attivazione del tempo pieno; il problema è strutturale. Come si può chiedere a un genitore di lasciare il proprio figlio per un orario prolungato a scuola se non ci sono spazi, mense e luoghi adatti?
Il diritto degli alunni e delle famiglie del Meridione di usufruire del tempo pieno che continua a essere negato ha conseguenze disastrose prima di tutto sull’apprendimento. Come risulta dai test Invalsi, il 50% degli studenti siciliani arriva alla maturità con l’insufficienza sia in italiano che in matematica. Anche il tasso di dispersione scolastica è in crescita.
Niente a che vedere con la narrazione ufficiale che dipinge i siciliani come un popolo di ignoranti che preferiscono non mandare i propri figli a scuola e per cui gli investimenti sul tempo pieno sarebbero uno spreco di risorse che sarebbe meglio investire altrove.
Di seguito pubblichiamo il punto di vista di due docenti siciliane che vivono in prima persona questa situazione drammatica.
TEMPO PIENO…UNA CHIMERA PER IL SUD
Le tante campagne elettorali ci hanno abituato agli slogan dei migliori offerenti.
In camper lungo la penisola, si fanno i selfie tra i bagni di folla, si presentano nelle zone terremotate, nelle zone disagiate, fanno sopralluoghi degli edifici scolastici e, soprattutto, aprono la bocca e promettono.
Il punto debole, il nervo scoperto, quello che attecchisce sulla massa è sempre la Scuola, in particolare quella del Sud! Sì, di quel Sud che chiede parità di diritti, vivaio di docenti che “devono impegnarsi forte” e che reggono le scuole del Nord con uno stipendio da fame, mentre le aule delle scuole del Sud scoppiano di alunni, accatastati in ambienti piccoli e non sicuri.
Il cavallo di battaglia di questi signori è il tempo pieno: correva l’anno 1975 quando la Ministra Falcucci, ampliando “l’Offerta Formativa” come si suole chiamare dall’anno 2000, introdusse il tempo pieno nella scuola dell’obbligo. Un investimento di qualità, una scelta pedagogica saggia per una didattica ragionevole e pragmatica, con ricaduta positiva sugli alunni e sul territorio… Ovviamente quando arriva e se arriva.
Al Sud il tempo pieno lo aspettiamo da 45 anni, un po’ come l’Africa aspetta l’acqua da 50 anni! Il Sud, ”Mondo a parte” di una Repubblica a due velocità è in continua desertificazione e funge da deterrente per le campagne elettorali o per tenere in piedi governi.
Vengono, invece, chiuse istituzioni scolastiche, sottoposte alla verticalizzazione dei tagli: tante scuole diventano Omni – Comprensivi, con la riduzione di personale docente e ATA e aumento di alunni per classe.
Se alla qualità dell’edificio si vuol dare la colpa, bene! Colpevolizziamo l’edilizia scolastica! Ma gli edifici chi li dovrebbe mettere in sicurezza? I docenti improvvisati operai o i bidelli con elmetti e tuta da lavoro? Oppure le stesse famiglie che vengono accusate di non volere il tempo pieno. Si gioca allo scaricabarile: poche nascite, poche strutture accoglienti e genitori ignavi che sottraggono i figli all’obbligo scolastico, figurarsi il tempo pieno!
Altra dolente nota del tempo piena è la mensa, altra ignara colpevole: dove si fanno mangiare i bambini?
Chi ha vissuto la realtà della Scuola del Nord sa benissimo che spesso gli alunni, in mancanza di strutture adeguate, pranzano in classe dopo aver opportunamente ripulito banchi, sedie e aule. In alcune regioni i genitori forniscono ai loro figli la schiscetta (alias cestino del pranzo), onde evitare l’attesa infinita delle cooperative che si occupano di predisporre il pranzo o per una scelta dietetica personale.
Così dalla Scuola dell’Infanzia alla Secondaria di Primo grado alunni e alunne godono di un’opportunità che gli garantisce continuità didattico-educativa e abbassamento dei fattori a rischio nei luoghi di marginalità sociale.
Il GAP tanto acclamato verrebbe così eliminato nel giro di 20 anni, equiparando le due Scuole Italiane, concretamente divise da forti opportunità per il Nord e infinite penalizzazioni per il Sud.
Nella scuola non si investe, che poi tradotto in termini reali, nella Scuola Meridionale non arrivano i soldi e al Sud lo sappiamo bene che “senza soldi non si canta Messa”.
Il Sole 24 Ore del 3 ottobre 2019 taglia corto e in generale afferma che per l’Istruzione non sono stati predisposti investimenti: “Nonostante le promesse del Ministro Fioramonti, la Nota di aggiornamento del Governo giallorosso rivede al ribasso – dal 3,5 al 3,4% del Pil – la spesa per scuole e università rispetto al Def dell’esecutivo giallo-verde. Altro che 3 miliardi in più a scuola come promesso dal ministro Lorenzo Fioramonti. La manovra 2020 potrebbe addirittura riservare un taglio dei fondi all’istruzione (…)”
Ai nostri alunni, ai nostri stessi figli, come possiamo promettere un futuro migliore nella propria terra se sono stati costretti anche i loro genitori a emigrare? Al Nord o addirittura all’estero; il Sud sforna di continuo manovalanza a basso costo, formata e preparata, figlia di una Scuola fortemente penalizzata dalla quale dovrebbe partire parità di diritti.
Simona Giammillaro
Anna Dorotea Privitera
Comitato Nonsisvuotailsud