Fondi europei per l’agricoltura: ennesimo fallimento del governo regionale
Il primo ottobre il Ministero delle Politiche agricole ha reso noto il decreto che contiene l’elenco delle infrastrutture irrigue ammissibili e quindi idonee a essere realizzate attraverso i fondi del PNRR. Sono 149 le infrastrutture finanziate in tutta Italia. Neanche una in Sicilia.
I progetti e i soldi persi
«Investimenti nella resilienza dell’agro-sistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche», è questo il nome del provvedimento adottato all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che mira ad affrontare strutturalmente i problemi legati all’emergenza ambientale nel settore dell’agricoltura, al fine di rilanciarlo.
Il governo regionale ha presentato 63 progetti per la Sicilia. Di questi, 31 sono stati giudicati a priori inammissibili. Gli altri 32, messi al vaglio, non sono stati approvati.
Eppure, osservando la lista dei progetti dichiarati inammissibili, se ne notano diversi che sarebbero di grandissima utilità per l’agricoltura siciliana: dalla manutenzione della rete irrigua nella conca del fiume Delia, all’ammodernamento dei sistemi di tele-controllo per il risparmio nel lotto di Paceco. Presenti anche una vasca di accumulo per il fiume Belice Sinistro e tanti altri.
Le proposte presentate dalla Regione Siciliana erano così numerose da raggiungere la cifra dei 423 milioni di euro, poco meno della metà dei fondi destinati a tutta l’Italia per gli interventi nell’agro-sistema irriguo.
Cosa è andato storto?
Senza dubbio non possiamo pensare e quindi affermare che questo scandaloso risultato sia dovuto alla volontà del governo centrale di penalizzare la Sicilia per avvantaggiare altre regioni. È vero, questo si è verificato senza dubbio sulla ripartizione generale dei fondi del PNRR. Ma in questo caso specifico ci pare che la responsabilità non possa che essere data alla Regione.
Non bastava quindi avere subito l’ingiustizia della ripartizione dei fondi europei che avrebbero dovuto ridurre il gap tra Sicilia e altre regioni italiane ed europee; il governo regionale non è stato capace neanche di ottenere quei pochi fondi a disposizione per rimettere in piedi un settore abbandonato – quanto strategico – per l’isola.
La prima reazione del caro presidente e del resto della giunta regionale è stata puntare il dito contro Roma e accusare il ministro Patuanelli di un’aperta volontà di danneggiare l’isola. Cosa che, se anche vera, ci sembra solo un tentativo di scrollarsi di dosso le proprie responsabilità.
Il Ministero ha intanto diffuso una nota da cui si evince che i progetti candidati dovevano soddisfare tutti i 23 criteri previsti per essere accettati. Di conseguenza, se anche un solo criterio non fosse stato soddisfatto, il progetto non poteva essere ammesso. Questo, uno dei motivi della bocciatura. Ma a emergere, negli ultimi giorni, è anche un altro fattore: il rigetto non è dipeso solo da criteri non rispettati nella predisposizione dei progetti dei Consorzi di Bonifica, ma anche dall’uso di tecnici esterni non abilitati.
In sostanza i tecnici esterni ai Consorzi di bonifica che hanno effettuato i controlli sulla qualità dei progetti, non avevano i requisiti per farlo e li hanno ottenuti solo in data successiva agli accertamenti già svolti. Ma c’è anche il caso di progetti ‘validati’ lo stesso giorno dal medesimo perito oppure la carenza di documentazione a corredo delle domande di finanziamento.
E a dirla tutta, queste sono solo alcune delle contestazioni che il Ministero per le Politiche Agricole aveva già mosso tre mesi fa ad alcuni Consorzi di bonifica che avevano presentato i progetti a valere sul Pnrr, dando tempo dieci giorni per i correttivi. Correttivi che, evidentemente, non sono mai arrivati. E nel frattempo finanziamenti importanti per il miglioramento della gestione di diversi settori della nostra isola sono sfumati.
Le responsabilità di Musumeci e compagnia
Nei mesi in cui il governo doveva impegnarsi a presentare progetti che potessero essere finanziati, i suoi rappresentanti – Musumeci e compagnia – hanno puntato tutto sul Ponte sullo Stretto, continuando a insistere sul fatto che solo questa grande opera potesse sollevare le sorti della Sicilia e del Meridione. In questo modo il governo ha perso un’altra occasione preziosa – oltre che per tacere – per migliorare la qualità della vita dei siciliani e delle siciliane, salvaguardare i territori e farsi carico di una progettualità utile a migliorare le condizioni economiche e sociali.
Responsabilità che il governo regionale divide anche con le altre forze politiche dell’arco parlamentare siciliano; che adesso accusano Musumeci, ma che non hanno mosso un dito per evitare di restare ancora una volta con un pugno di mosche in mano.
In realtà, però, una porta aperta ci sarebbe: il ministero, infatti, assegnerà a novembre altri 440 milioni provenienti da finanziamenti nazionali, ed evoca esplicitamente la possibilità che possano essere usati per questi progetti. A condizione, ovviamente, che vengano risolte le criticità che ne hanno impedito il finanziamento con il PNRR.
Ma non è ancora tempo di esultare. Un secondo fallimento non ci stupirebbe, è il modus operandi dei nostri governatori. È il tempo di stare in allerta, perché – ancora una volta – l’alternativa è perdere i fondi o addirittura essere commissariati.
La decisionalità ai territori
Infatti, già in questi giorni, i titoli dei giornali muovono lo spauracchio del commissariamento. È chiaro che questa non possa essere la soluzione. Le risposte non possono arrivare dallo Stato centrale, primo responsabile delle condizioni di impoverimento in cui versa Ia nostra isola.
Al contrario, crediamo che sia il caso di smettere di delegare a chi ci ha affamato (e continua a farlo) la gestione dei nostri territori, della nostra isola. Senza un controllo popolare dell’azione dei governi e senza processi di lotta che avvicino ai territori e ai suoi abitanti i luoghi della decisione, per la nostra terra non ci sarà nessuna possibilità di riscatto.