Gibilterra contesa tra Londra e Madrid
Doveva arrivare la Brexit per rendere, forse, espugnabile l’inespugnabile rocca che fa da colonna d’Ercole del Mediterraneo (l’altra sta di là, nell’Africa).
In verità, da quando Gibilterra divenne territorio inglese, nella spartizione delle spoglie della Spagna dopo la guerra intestina e continentale di dinastie, con il trattato di Utrecht del 1713, gli spagnoli non l’hanno mai mandata giù che su quel pezzo di Andalusia sventoli la Union Jack.
Di fatto, al referendum sul Remain o Leave del giugno 2016 Gibilterra ha votato compatta per restare in Europa: percentuale bulgara, 95 percento dei circa ventinovemila abitanti. Che se la passano abbastanza bene, visto lo statuto speciale fiscale e le agevolazioni sfruttate dalle aziende, in particolare grandi compagnie di scommesse inglesi, e anche dalle petroliere, e gli afflussi turistici. Sarà per questo che, al contrario di Scozia e Irlanda del Nord, a loro non passa neanche per l’anticamera del cervello di dichiarare la propria indipendenza. D’altronde l’hanno già ribadito due volte che loro sono fieramente inglesi: in un referendum del 1967 e in un altro del 2002. E però, adesso con la Brexit Gibilterra è diventata il confine più meridionale (quello più settentrionale è tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord) tra un territorio inglese e uno europeo.
È successo che il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha chiesto e ottenuto che nella bozza di accordo sulla Brexit che discuteranno i 27 Stati europei a fine mese, il futuro status di Gibilterra rimanga fuori dai negoziati. D’altronde nella lettera della May consegnata a Donald Tusk per programmare le forme di un’uscita ordinata della Gran Bretagna dall’Unione europea non si fa menzione alcuna di Gibilterra e del “confine” con l’Europa (mentre se ne fa dell’Irlanda del Nord). Un confine finora molto poroso e che invece potrebbe diventare una seccatura, soprattutto per i frontalieri. La clausola recita: «Nessun accordo tra la Ue e il Regno unito si applica a Gibilterra senza un accordo fra Spagna e Regno unito». L’Unione europea dunque diventa il difensore degli interessi della Spagna su Gibilterra. È un’ovvietà ma anche un dispetto, certo, una ripicca, un prosieguo di quel “ve lo faremo vedere noi”, dopo la porta sbattuta in faccia dagli inglesi. E così, Boris Johnson, ora ministro degli Esteri del governo di Theresa May, ha risposto che sulla Rocca la Gran Bretagna si potrebbe comportare con la stessa determinazione con cui si è già comportata nelle Falkland, dove Margaret Thatcher scatenò una guerra imperiale. Non staranno, tutti, giocando col fuoco?
Gli unici che sembrano prendersela con filosofia sono i macachi, che popolano numerosi la rocca, e che sono le uniche scimmie europee. Ma anche questo, a pensarci bene, è un dato discutibile.