I fondi per l’emergenza li prendono dal Sud e dalla Sicilia
Mentre questa mattina la Bce ha dato il via al Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (in inglese PEPP- pandemic emergency purchase programme), che prevede l’acquisto di titoli per 750 miliardi, in Italia continua la ricerca dei fondi da inserire nel prossimo decreto di Aprile. Guarda caso, sul tavolo del Governo sono finite le quote non ancora impegnate della programmazione 2014/2020 dei fondi strutturali europei. Stiamo parlando del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fers) e del Fondo sociale europeo (Fse), due strumenti le cui risorse sono destinate in prevalenza alle regioni del Mezzogiorno, e di cui la Sicilia ha dimostrato grande necessità. A oggi questi fondi costituiscono, infatti, una fonte primaria (se non l’unica) di investimento per il nostro territorio. Per intenderci, in Sicilia la quota di ricerca e sviluppo finanziata con fondi europei è di poco inferiore al 50%.
Questi fondi sono chiaramente una risorsa molto allettante per il Governo: soldi facili, già stanziati e pronti all’uso. E l’Unione Europea si è già espressa a riguardo, dando l’okay per avviare la caccia all’ultima risorsa da sottrarre al Meridione.
Ma di quanto stiamo parlando esattamente?
Secondo il Sole24Ore, i programmi italiani che utilizzano il Fesr hanno già assegnato a progetti selezionati l’86% delle risorse, lasciando 4,7 miliardi di euro ancora da assegnare. Per il Fondo sociale, l’importo teoricamente ancora disponibile è invece di 5,5 miliardi. Con le risorse residue di Garanzia Giovani si arriverebbe a circa 10,5 miliardi.
10,5 miliardi che sarebbero una fondamentale leva per la ripresa del Sud e della Sicilia dalla crisi economica e sociale che si prospetta. Forse, l’unica opportunità per uscire dall’inevitabile dramma che ci attende.
…e invece vanno dirottati a Nord!
La scelta di stornarli non deve sorprenderci. Non è la prima volta che lo Stato italiano decide di dirottare risorse dirette al Sud per risanare i suoi conti. Basti pensare che, dal 2008 al 2012, le cosiddette “Misure di stabilizzazione della finanza pubblica” del Governo italiano sono state implementate tagliando 22,3 miliardi di euro interamente destinati al Mezzogiorno dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC).
Come d’altronde non deve sorprenderci il fatto che ad avviare i colloqui con la Commissione Europea sia stato proprio il (così detto) “Ministro per il Sud” Giuseppe Provenzano, i cui interessi sembrano però rivolgersi a tutt’altro emisfero. È chiaro infatti che i fondi saranno usati principalmente per venire in soccorso a Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna, le regioni attualmente più colpite dall’emergenza.
Attualmente, perché a seguito degli esodi avvenuti nelle ultime settimane dalle regioni più colpite verso la Sicilia e il Sud, il virus sembra star prendendo piede anche qui. Proprio ieri, la Sicilia ha superato i 1000 casi positivi e i 30 deceduti accertati. Ci chiediamo allora perché questi fondi, già tanto fondamentali per mettere una pezza sui numerosi squilibri dell’economia del nostro territorio, e che diventerebbero vitali nel caso in cui il numero di mascherine, tute protettive e apparecchiature mediche necessarie dovesse aumentare esponenzialmente, debbano essere dirottati altrove.
La risposta a questo interrogativo va probabilmente ricercata nel disinteresse dello Stato italiano verso il benessere di quei territori che considera essenziali solo in quanto bacino da cui poter estrarre risorse. Se l’Europa considera possibile reindirizzare i fondi stanziati ad altri scopi, essi andrebbero utilizzati per frenare l’emergenza sanitaria ed economica che ci attende qui, e non per effettuare l’ennesimo scippo ai danni della Sicilia.