Il ponte degli accattoni
Una risposta in Commissione Lavori Pubblici e Bilancio da parte del ministro dei trasporti Giovannini a Gabriella Giammanco, senatrice di Forza Italia, ha riacceso gli animi dei sostenitori della costruzione del Ponte sullo Stretto. Questa volta, però, nonostante il Ministro sia stato rassicurante (“Rfi ci ha comunicato il calendario di avvio dei lavori”) le reazioni sono state stizzite.
Cinquanta milioni di euro per il nuovo studio di fattibilità
L’avvio dei lavori di cui parla Giovannini, infatti, riguardano la realizzazione di un nuovo studio di fattibilità (costo 50 milioni presi dai fondi PNRR) che dovrà scegliere tra le tre opzioni sul campo: opzione zero (il Ponte non si fa), Ponte a campata unica e Ponte a tre campate.
È evidente che in campo, a questo punto, non c’è solo il Sì o il No al Ponte. In campo ci sono due fazioni, due cordate politiche, due filiere di tecnici. Quelli del Ponte ad una campata e quelli del Ponte a tre campate. Attenzione, però, qui il problema non è tanto se il Ponte sullo Stretto dovrà essere realizzato o no. Su quello, almeno per il momento, almeno con questo quadro politico, possiamo stare tranquilli. Visto il totale consenso delle forze politiche sulla realizzazione dell’opera se davvero avessero voluto (o potuto) farlo i lavori sarebbero già iniziati.
Un’ennesima storia di speculazione e spreco di risorse
L’oggetto dello scontro, in questo momento, non è dunque, la costruzione o meno del Ponte, ma la gestione del suo percorso, sia dal punto di vista dell’accaparramento del consenso sia della spartizione delle risorse destinate agli aspetti progettuali. Sul campo ci sono da una parte le cordate legate al centrodestra e dall’altra quelle (fatte in parte da ex no Ponte) del PD e dei Cinquestelle. Schiacciati tra queste due filiere ci sono i vasi di coccio dei sinceri pontisti, entusiasti oggi della costruzione del Ponte dei Dardanelli, il più lungo al mondo a campata unica (2023 metri). Peccato che sia appena 32 metri più lungo del Ponte di Akashi, inaugurato nel 1998.
Non c’è alcun dubbio, insomma, che la battaglia contro la costruzione del Ponte, che la battaglia in difesa dello Stretto di Messina l’abbiamo vinta. Rimane da battere la speculazione sulla pelle degli abitanti dei nostri territori, che vedono sprecare risorse economiche che meglio andrebbero utilizzate per soddisfare i bisogni inevasi delle popolazioni, per la difesa della salute, per la protezione dal dissesto idrogeologico, per la messa in sicurezza dei centri urbani, per infrastrutture moderne ed ecologicamente sostenibile.