Inondazioni e siccità: le due facce delle politiche regionali. Occupata la diga Ancipa
Ieri mattina i sindaci e gli abitanti di cinque comuni dell’ennese – che dipendono esclusivamente dall’invaso dell’Ancipa (Troina, Nicosia, Sperlinga, Gagliano Castelferrato e Cerami) – hanno prima occupato i locali della diga e poi tentato di bloccare la condotta.
Una protesta nata a partire dalla decisione assunta della cabina di regia sull’emergenza idrica di ripristinare l’erogazione su Caltanissetta e San Cataldo, interrotta dal 15 novembre scorso in seguito alla notevole riduzione della capacità dell’invaso ormai quasi completamente a secco.
Questo importante atto di protesta è la conseguenza dello Stato di invivibilità raggiunto in diversi territori. A Troina, per esempio, si vive una condizione in cui l’acqua è disponibile 5-6 ore in una settimana. Ciò che viene narrato come un fenomeno incontrastabile per le sue cause climatiche è invece il frutto di precise scelte politiche ed economiche di chi governa il territorio.
In questo articolo analizzeremo la narrazione fuorviante che mettono in campo tali soggetti.
In devastante alternanza con la siccità che distrugge l’agricoltura e lascia senza acqua intere province riecco le inondazioni, l’acqua che tracima dai canali, le strade come fiumi.
Il noto Salvo Cocina, dal 2023 responsabile della Protezione civile, dice rassegnato: «Piove dappertutto, tranne dove serve».
Sentire queste parole da chi fu Segretario Generale del Dipartimento Autorità di Bacino del distretto idrografico della Sicilia (2018-2019) e Dirigente Generale del Dipartimento Acqua e dei Rifiuti (2018-2020), lascia un po’ perplessi. E fa anche un po’ di rabbia.
Intanto la diga dell’Ancipa è a secco e montano le proteste per la mala gestione delle ormai scarse risorse idriche. L’occupazione della diga semiprosciugata, che vede anche la partecipazione dei sindaci dell’ennese, non è che un esempio del generale malcontento e del fallimento delle politiche regionali.
La colpa, per Cocina e per la vasta schiera di funzionari e politicanti, è della natura matrigna. Ma dato il ridicolo di tale posizione arriva Schifani col capro espiatorio (che dovrebbe mondarlo dei suoi peccati): Nicola Dell’Acqua (si chiama proprio così, non è una battuta) Commissario Straordinario Nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica (nominato dal Governo nel 2023), il cui operato, per Schifani, é “estraemamente negativo”. Forse Schifani si riferisce ai 36 milioni di euro che aspetta ancora per la ormai famosa fase due del grande piano che dovrebbe gestire l’emergenza idrica: una cifra insignificante se si pensa allo stato catastrofico in cui versa il sistema idrico siciliano.
C’è una follia mischiata ad una ipocrisia di fondo che pervade il “nostro” ceto politico col suo governo.
Si tratta delle scelte politiche che fanno l’occhiolino alle grandi imprese multinazionali per fare grandiosi affari: mega piani di dissalazione dell’acqua di mare o grandi inceneritori per i rifiuti o i grandi impianti fotovoltaici ed eolici o come il più emblematico ponte sullo Stretto, a cui, con sprezzo di ogni decenza è stato di recente dato il parere di “compatibilità ambientale”.
Non c’è una politica infrastrutturale legata ad un piano economico regionale che discenda da una visione d’insieme delle problematiche territoriali. Non ci sono piani che tengano conto dello stato dell’agricoltura, degli invasi e delle loro tubature consunte, della viabilità interna, della sanità pubblica, della situazione abitativa, delle sempre più precarie condizioni finanziarie dei Comuni. Al massimo c’è un arrangiarsi scomposto, un dipendere dai flussi di denaro europeo e una convinta adesione e speranza al business dei privati ai quali tutto si concede pur di far girare qualche spicciolo assicurandogli profitti da capogiro.
Un esempio?
Il lago Biviere di Lentini la cui destinazione – dal momento del suo rifacimento – è stata a fini industriali e agricoli. L’unico invaso ancora pieno d’acqua che potrebbe servire il grande bacino di utenze agricole di Catania-Lentini-Carlentini-Francofonte-Scordia-Melilli, ma che non può essere utilizzato per l’agricoltura perché servito da una rete di distribuzione consunta, allo sfascio, con impianti di filtrazione e di sollevamento fuori uso o insufficenti. Per l’agricoltura però! Perché per fini industriali gli impianti sono sempre funzionanti! Per servire le imprese del polo chimico di Siracusa-Augusta l’acqua del Biviere c’è eccome.
La verità è che viviamo in un mondo paradossale: si dice pace mentre si prepara la guerra, si dice pubblico mentre si opera per il privato, si dice salvaguardia dell’ambiente mentre si fanno costruire impianti inquinanti, si dice rilancio dell’agricoltura locale mentre la si affossa, si dice una cosa mentre se ne fa un’altra. E non ci si scandalizza neppure più, il mentire, il truffare, lo sfruttare sfrontato è divenuto costume morale: la moralità dei senza scrupoli.
No, non facciamo appello alla morale di una volta, per carità! Facciamo appello alle comunità attive, alle insorgenze che nei territori hanno capito che se non ci si attiva e lotta per i propri interessi la catastrofe ci travolgerà tutti. Facciamo appello alla lotta per l’autogoverno dei territori, per renderci indipendenti dalle politiche dei governanti, per costruire le nostre istituzioni e usare quel che si può, sin dove si può, quelle esistenti.
Costruire 10, 100, 1000 comitati territoriali per l’autogoverno dei territori.