La comunità sacrificata
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Il raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo è diventato un laboratorio politico. Gli eventi che lo stanno interessando appaiono come paradigmatici di quanto avviene intorno alla realizzazione delle Grandi Opere. Soggetto attuatore dell’opera è Webuild, società di costruzione, risultato di una sequenza di fusioni, che oggi si trova ad assumere un ruolo centrale nel futuro dei territori dell’area dello Stretto in quanto capofila del General Contractor chiamato a progettare e costruire il ponte sullo Stretto.
Il tratto autostradale tra Tremestieri e Roccalumera avrebbe dovuto essere chiuso per 4 notti al fine di posizionare i sensori che registrino le reazioni della galleria di Piano Cutiri sotto la quale passerà la talpa che dovrà scavare il tunnel del raddoppio ferroviario.
Non sarà possibile per il momento poiché, in seguito alle piogge torrenziali degli ultimi giorni, la bretella che ormai da anni collega Nizza di Sicilia ad Alì terme, essendo in manutenzione l’originario ponte, ha subito danni tali da non potere sostenere i 2000 mezzi a notte che dovrebbero attraversarla. È paradossale che questo avvenga pochi giorni dopo le dichiarazioni di un locale senatore della Lega che ha sostenuto che la costruzione del ponte sullo Stretto è più importante della costruzione di strade e ospedali.
Proprio così. Nella discussione pubblica sugli eventi che stanno interessando la realizzazione del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo il sentimento più diffuso è la sorpresa.
Sorprende, infatti, che non siano stati affrontati per tempo i problemi di viabilità generati dal trasporto della enorme quantità di materiali di scavo risultanti dal lavoro delle talpe chiamate a scavare oltre 40 chilometri di gallerie. Sorprende che non si sia pensato per tempo alle modalità di smaltimento dell’arsenico e degli altri metalloidi, che si sapeva presenti nel territorio interessato dai lavori. Sorprende che una grande impresa di costruzioni come Webuild sia stata costretta a rallentamenti causati da eventi ampiamente prevedibili.
Accade così che decine di migliaia di persone rimangono in balia di una totale assenza di programmazione.
I lavori che interessano il loro territorio si svolgono senza alcuna razionalità, così, affastellandosi uno sopra l’altro. Una intera comunità viene sacrificata nell’affermazione del dogma della Grande Opera e per gli interessi delle Grandi Imprese che si aggiudicano appalti miliardari. Si capisce in questo modo perché l’obbiettivo dei soggetti interessati sia la cantierizzazione e si capisce anche perché in questo percorso trovino alleati nella rappresentanza politica e sindacale. In questi casi la sorpresa si traduce in silenzio. Il manovratore non deve essere disturbato.
La comunità sacrificata si trova oggi davanti ad un destino programmato in un tempo e in un luogo che non si conoscono.
Si sa solo che la Grande Opera non può essere messa in discussione, qualsiasi danno crei, qualsiasi inquinamento provochi, qualsiasi fastidio generi. La comunità sacrificata non ha diritto alla parola perché la Grande Opera risponde a disegni più alti, a linee tracciate sulle carte, a piani di sviluppo che nessuno ha mai verificato. Poco importa che non ci sia alcun rapporto tra la progettualità evocata e la superficialità applicata. Ciò che conta è che la Grande Opera deve continuare.