Libia: mentre Roma dorme Ankara libera i suoi uomini in 7 giorni
Il governo di Ankara è riuscito, dopo soli 7 giorni, a far liberare una nave turca sequestrata in acque libiche dalla milizia del generale Haftar. I pescatori siciliani, dopo ben 102 giorni, sono ancora prigionieri, ostaggio dell’incompetenza e del disinteresse del governo italiano.
7 giorni di sequestro per i marinai turchi…
Era stata fermata sabato, la nave cargo turca Mabouka, mentre faceva rotta verso Misurata. Tutto il suo equipaggio – 17 uomini, fra cui 7 marinai turchi – era stato posto sotto sequestro. Ahmed al Mismari, portavoce del generale libico Haftar, aveva dichiarato che la nave, entrata senza autorizzazione nelle acque controllate dalle forze di Bengasi, stava trasportando un carico di droga. Gli armatori hanno smentito tutto: solo carichi legali all’interno della nave. Una brutta situazione per i membri dell’equipaggio, che rischiavano di rimanere bloccati nelle carceri libiche.
Il governo e il ministero degli Esteri turco non hanno esitato a rispondere con durezza all’accaduto. Il governo di Ankara, da più di un anno alleato del governo libico di Tripoli, ha parlato di «gravi conseguenze» per chi ostacolasse il suo operato. Droni turchi hanno sorvolato nei giorni scorsi le coste libiche, in segno di minaccia all’esercito di Haftar. La prova di forza messa in atto dalla Turchia ha subito dato i suoi frutti. Dopo soli 7 giorni, la portacontainer e il suo equipaggio sono stati liberati. Secondo quanto dichiarato dallo stesso al Mismari, la situazione sarebbe stata liquidata con una multa per violazione delle acque territoriali.
…101 giorni per i pescatori siciliani
La vicenda turca presenta tante analogie con il caso dei pescatori siciliani. Anch’essi fermati al largo delle coste libiche, anch’essi accusati di detenere droga. Anch’essi presi in ostaggio per ragioni geopolitiche che vanno ben oltre le colpe reali dei sequestrati. Ma la storia dell’equipaggio turco si è conclusa positivamente e in fretta. La risposta del governo di Ankara è stata tanto efficace da far ritornare immediatamente i marinai a casa.
Perché invece i pescatori di Mazara del Vallo si trovano ancora prigionieri in Libia? Ieri sera, saputa la notizia, i parenti dei 18 pescatori siciliani si sono radunati in protesta sotto l’abitazione dei genitori del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, originario di Mazara del Vallo, urlando «vergogna, vergogna» e «liberateli».
«La liberazione della nave cargo turca dimostra che la nostra diplomazia non ha alcun peso» – ha dichiarato esasperata Anna Giacalone, madre di uno dei pescatori sequestrati. Durante la serata si è anche tentato di parlare, tramite la Farnesina, col Ministro Di Maio, che però si è dimostrato non disponibile al dialogo.
Una situazione surreale che ci fa porre alcune domande. Come mai la Turchia si è potuta permettere di rispondere al sequestro dei suoi pescatori con le minacce e l’Italia no? Come mai fino ad ora lo Stato italiano ha avuto un atteggiamento morbido con le milizie libiche? Quali interessi lo Stato italiano sta anteponendo alla vita dei sequestrati? Vogliamo risposte e vogliamo che i pescatori tornino immediatamente dalle loro famiglie.