Musumeci e il Sicilian dream
É di qualche giorno fa la notizia della pubblicazione del Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) firmato dal Presidente della Regione Siciliana Musumeci e dall’Assessore Regionale dell’Economia Armao. Tanti i punti trattati nel piano economico regionale studiato su base triennale (2018/2020), Alcuni temi, forse non per caso, hanno avuto più di altri risonanza sulla stampa.
Ma andiamo con ordine e proviamo ad entrare nel merito del DEFR. Novanta pagine di “buoni propositi” accompagnati da grafici e tabelle che di convincente hanno ben poco. L’unica cosa realistica che sembra esserci in questo testo è l’analisi che nell’introduzione viene fatta sulla drammatica situazione economica che vive la Sicilia in questo momento storico. Ed effettivamente i dati che vengono riportati non possono essere negati. Del resto su 5 milioni di residenti solo 1.370.000 risultano occupati, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 22,1% doppio rispetto alla media Italiana. Al 57,2% arriva invece la disoccupazione giovanile e con una dispersione scolastica e universitaria che supera il 20%. Mentre i Siciliani che emigrano ogni anno sono 25.000 e tra questi sempre più sono laureati e specializzati. Le famiglie a rischio povertà sono il 55,4%. Potremmo continuare ma già questi pochi dati bastano per rendere l’idea.
Per il resto invece Musumeci prova a superarsi rispetto alla percezione della stima che nutre nei propri confronti. Un po’ come ha già fatto per il piano rifiuti, pensa di potere risolvere i problemi generati dai governi passati e fare ripartire l’economia siciliana. Ma basta poco per capire che si tratta di un sogno nella testa del Presidente che difficilmente verrà realizzato. Oltre questo, il piano, non sembra avere né una direzione né uno sguardo politico all’altezza dell’autostima di Musumeci.
Al centro del DEFR, lavoro e impresa: «Investire sulla piccola e media impresa per aumentare in modo sostanziale i livelli di occupazione e dare “lavoro vero” ai siciliani». Questo è il cavallo di battaglia del DEFR, che si impernia sulla possibilità che attraverso una rinegoziazione degli accordi tra Stato e Regione molto possa cambiare. Ovviamente presupposto per la crescita dell’impresa siciliana è l’attrazione di investimenti extra-regionali (quindi capitale nazionale e multinazionale). E quindi eliminazione dei cavilli burocratici che appesantiscono e rallentano i processi, riduzione delle tasse, defiscalizzazione, incentivi, deroghe normative e più facilità di accesso al credito. Tutto questo soprattutto attraverso l’istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES). Poco viene detto sulla natura che queste aziende devono avere. Poco sull’effettivo risvolto che queste avrebbero sul mercato del lavoro. Tutte le imprese vanno bene? Quali sono quelle che devono essere valorizzate attraverso eventuali agevolazioni? C’è la volontà di innescare un processo produttivo e un modello di sviluppo virtuoso che metta al centro il territorio siciliano e i suoi abitanti? C’è un piccolo accenno al “made in Sicily”, raccontato prima come strumento di valorizzazione della produzione locale e dopo come il marchio di un brand multinazionale da utilizzare per creare un mercato del turismo permanente e invasivo. A quali dei due modelli si vuol dare priorità? Entrambi possono coesistere?
Se passiamo alla parte che tratta l’inclusione sociale le domande non diminuiscono. Sembra infatti che la questione sia giocata solo in chiave propagandistica e in contrasto con la narrazione che in questo momento va per la maggiore, il reddito di cittadinanza. Se sul terzo settore il DEFR si basa su piani di finanziamenti europei mirati, sul reddito di inclusione era già previsto un fondo dello Stato di quasi 4 milioni in due anni. Spendibili attraverso “carta acquisti” o la presa in carico diretta, da parte dei comuni, delle famiglie che hanno bisogno. Questo con progetti personalizzati o patti di servizi che comunque prevedono sussidi dai 187 ai 539 euro. Di inclusione insomma c’è veramente poco. Queste mancette nonostante gli sforzi del governo regionale potrebbero non reggere il confronto con la proposta a cinque stelle. Resta il fatto che forse questo era un tentativo che comunque dovevano fare per aprire da subito la partita sulle amministrative che si terranno il 10 giugno in tutta la Sicilia. Tentativo per provare ad arginare il consenso nei confronti di Di Maio e della sua squadra. Anche perché oltre la fuffa dentro questo DEFR, ci troviamo una esagerata speranza nella benevolenza dello Stato Italiano che non sarà disposto a rinegoziare su niente.
Noi nel frattempo staremo a guardare con la consapevolezza che per risolvere i problemi economici della Sicilia ci vuole sì un reddito di cittadinanza garantito, ma questo non può essere né elemosina ne strumento di ricatto. Un reddito garantito per chi non si può permettere le cure mediche, per chi non può garantire ai propri figli una casa, per chi non ha prospettive né per il presente né per il futuro. Per questo non possiamo permetterci di aspettare, lo vogliamo subito senza se e senza ma.