No Muos in piazza a un anno dalla guerra imperialista
Il movimento No Muos torna in piazza a Niscemi a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. Manifestazioni in tutto il Sud per ribadire l’importanza dell’opposizione alla guerra imperialista.
A Niscemi contro la guerra imperialista
In tanti in piazza, oggi a Niscemi, in opposizione alle politiche di guerra e all’aumento progressivo delle spese militari. Il movimento No muos e le realtà presenti, hanno ribadito l’opposizione al PCTO all’interno delle caserme, alla militarizzazione dei territori, contro la presenza delle basi militari e del Muos di Niscemi. In una fase dettata da inflazione, carovita e aumento generale del costo della vita, Stato e governo sembrano essere totalmente nemici dei territori e dei loro bisogni, continuano a speculare e fare profitti in nome della guerra e dello sfruttamento mentre le emergenze sociali dilagano.
Poche settimane fa, il Parlamento Italiano ha approvato, infatti, l’invio di Armi all’Ucraina per tutto il 2023. Si tratterebbe di 800 milioni di euro mentre vengono tagliati servizi fondamentali nei nostri territori e misure di sostegno al reddito come il Reddito di cittadinanza. Non è casuale che il taglio al R.d.C. ammonterebbe a 780 milioni di euro. La conferma che all’istituzioni poco importa delle emergenze reali della popolazione.
Mobilitazioni in tutto il Sud
Due giornate di lotta in tantissimi territori del sud, diversi i presidi e le manifestazioni di piazza a un anno dallo scoppio della guerra. Riportiamo di seguito il comunicato diramato da diverse realtà organizzate a Sud:
“Giornali, televisioni, politici ci ricorderanno oggi del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, ultimo atto però di un conflitto che si protrae da ormai 9 anni nella regione, figlio delle mire espansioniste della Nato ad est e delle pretese della Russia di tenere sotto stretto controllo le sue tradizionali sfere d’influenza. Un conflitto scoppiato nel 2014 nelle regioni del Donbass che già prima del 24 febbraio aveva prodotto oltre 14mila morti. La guerra in Ucraina rappresenta la conseguenza più nefasta delle crescenti tensioni interimperialiste delle principali potenze capitalistiche negli ultimi anni. A fronte di una nuova configurazione dei rapporti di forza internazionali e di una crisi sistemica ormai irreversibile, la guerra rimane l’unica risposta che gli Stati capitalisti riescono a trovare per tentare di salvaguardare il loro potere.
L’Italia è in guerra dall’inizio. Nelle scorse settimane il Parlamento italiano ha votato l’invio di armi all’Ucraina per tutto il 2023. Il Governo Meloni, in piena continuità con l’Agenda Draghi e col sostegno della quasi totalità del Parlamento, conferma un coinvolgimento spinto del nostro Paese nel conflitto imperialista ucraino, favorendo così l’industria italiana delle armi e tutti quei settori economici che vedono opportunità di profitto nella ricostruzione dei territori distrutti. Questa guerra ci parla di un sistema economico e sociale sempre più in crisi e per questo sempre più pericoloso, che ricorre alle armi per potere continuare a sopravvivere.
In Italia, infatti, il governo Meloni, così come parte dei partiti all’opposizione PD e amici, in perfetta continuità con l’ esecutivo Draghi e quelli precedenti, ha indossato l’ elmetto continuando a sostenere con ingenti risorse e con armi sempre più sofisticate il governo ucraino. I costi delle politiche di riarmo vengono scaricate sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie, e assistiamo al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di larghi settori delle classi subalterne: abolizione del Reddito di Cittadinanza, casse integrazioni, aperture di procedure di licenziamento collettive a cui si accompagna l’ aumento generalizzato del costo della vita a partire dai generi di prima necessità e da quelli energetici, a fronte di salari sempre più insufficienti a coprire le spese per potere sopravvivere. A farne le spese sono anche gli studenti, colpiti dall’ennesima campagna di tagli all’istruzione pubblica e dal caro scuola.
La rincorsa dunque alla produzione di armi e munizioni per finanziare la guerra e l’aumento costante delle spese militari ha come suo ovvio contraltare la riduzione della spesa sociale e i continui tentativi di ridurre ulteriormente gli spazi di agibilità per le lotte e il conflitto sociale.
Per questo oggi e domani da Napoli a Palermo, passando per Taranto, Bari, Cosenza, Catania siamo stati nei quartieri popolari delle nostre città, fuori le basi militari che occupano i nostri territori, al fianco delle mobilitazioni degli studenti per ribadire la nostra totale contrarietà alla guerra e alle politiche di guerra che stanno peggiorando le nostre condizioni di vita già rese un inferno da una crisi economica decennale e dalle politiche dei governi di ogni schieramento che si sono susseguiti negli ultimi anni”.
Firmatari
Antudo
Cap80126
Casa Occupata via Garibaldi Taranto
Fgc Calabria
Fronte Comunista Calabria
LaBase Cosenza
Laboratorio Politico Iskra
Lavoratori dello spettacolo autorganizzati Cobas Puglia
Movimento di lotta “Disoccupati 7 Novembre”