Parco Eolico Isole Egadi. Quali prospettive per la Sicilia?
È del primo febbraio 2021 l’avviso di pubblicazione dell’istanza di rilascio di una concessione demaniale marittima, avanzata dalla società RENEXIA S.p.A., per l’installazione ed esercizio, a largo della costa occidentale della Sicilia, di un parco eolico off-shore e delle relative opere elettriche di connessione, della superficie complessiva di 18.505.195,00 mq.
Il Parco Eolico interesserebbe il tratto di mar Mediterraneo compreso tra la Sicilia e la Tunisia, a una distanza di circa 25 km a sud-ovest dalla costa siciliana, a largo delle Isole Egadi.
Per i numerosi risvolti cui può dar luogo la realizzazione di una grande opera come questa, e per le molteplici posizioni della politica e della stampa al riguardo, abbiamo deciso di approfondire la vicenda e di interrogarci sulle possibili ricadute dell’impianto in Sicilia.
Il contesto
Come è noto a tutti, le modalità di produzione e il consumo di energia sono strettamente collegate al crescente inquinamento – non solo atmosferico – e al conseguente cambiamento climatico in atto. E la produzione di energia da combustibili fossili è una tra le principali responsabili delle problematiche ambientali più rilevanti.
In generale è ormai evidente come il modello di sviluppo produzione e consumo che regola le nostre vite è insostenibile.
Anche per questo gli Stati sono arrivati a stipulare trattati e concordati in cui si assumono impegni che però stentano a rispettare.
Nel 2012 le Nazioni Unite hanno tenuto a Rio de Janeiro la Conferenza sullo sviluppo sostenibile, ribadendo quanto già espresso nel 1997 a Kyoto, e ponendo degli obiettivi per mettere un limite all’incremento dei gas serra.
In Italia
Nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, che recepisce le novità contenute nel Decreto Legge sul Clima nonché quelle sugli investimenti per il Green New Deal previste nella Legge di Bilancio 2020, vengono stabiliti gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2 (fonte: https://www.mise.gov.it/index.php/it/2040668).
Le istituzioni ritengono oggi concordemente che il raggiungimento di una situazione ambientalmente sostenibile esige una profonda modifica del modello attuale di produzione di energia attraverso una progressiva sostituzione di tutte le fonti fossili con fonti pulite e rinnovabili. Come l’energia eolica, appunto.
La politica di produzione di energia eolica si è recentemente orientata verso la realizzazione di parchi eolici off-shore (letteralmente, al largo), in quanto presentano una maggiore efficienza rispetto allo sfruttamento del potenziale eolico e un impatto ambientale e visivo (apparentemente) inferiore rispetto agli impianti a terra.
(maggiori approfondimenti nelle relazioni tecnico descrittiva e anemologica al progetto preliminare sono reperibili qui)
I favorevoli
Legambiente sostiene la realizzazione del parco eolico nel Canale di Sicilia con un “SI” deciso. Secondo l’associazione ambientalista la Sicilia deve essere protagonista della rivoluzione energetica italiana, contribuendo a ridurre le emissioni e creando posti di lavoro
Nel frattempo l’Italia è silente, la maggior parte delle associazioni ambientaliste locali è combattuta su che posizione assumere, i cittadini sono, attualmente, restii al dibattito.
I contrari
Gli attori locali, capofila l’Area Marina Protetta Isole Egadi, stanno già lavorando alle proprie osservazioni in merito al progetto, che secondo la procedura amministrativa è possibile presentare entro 30 giorni dalla data di pubblicazione dell’Avviso.
Nel frattempo l’Agci-Agrital e il settore pesca AGCI Sicilia lamentano l’ennesimo danno a carico del settore produttivo pesca, cui viene già costantemente ridotto il mare disponibile per le proprie attività. (Eco di Sicilia del 09-02-2021)
Tra i politici, l’eurodeputato Corrao, con una posizione netta rispetto alla proposta avanzata dalla RENEXIA S.p.A., si dice fortemente preoccupato e non ha paura di definire “folle” il progetto sotto, almeno, 3 aspetti: l’impatto economico sulla marineria siciliana, già colpita da una profonda crisi, alla quale sottrarrebbe un’area molto pescosa; l’impatto ambientale sugli equilibri e sulla vita di molte specie marine; il rischio di incidenti, sversamenti e danni ambientali, a causa del traffico navale delle imbarcazioni provenienti da Suez e Gibilterra che si troverebbe concentrato in una zona ristrettissima.
Vi è infine un altro elemento di riflessione nelle parole di Corrao, ed è «la beffa finale […] che l’energia prodotta dalle pale eoliche non verrebbe neanche sfruttata dalla Sicilia, ma verrebbe trasferita e utilizzata altrove attraverso un cavidotto che passerebbe da Termini Imerese, sottraendo ulteriori aree di pesca ai pescatori siciliani» (fonte ).
Quale prospettiva per la Sicilia?
Se è presumibile che una fetta importante dell’economia siciliana, la pesca, verrebbe sacrificata nel nome della transizione energetica globale. Se è paventabile la distruzione della biodiversità dei mari al largo della Riserva delle Isole Egadi. Se è ipotizzabile il solo rischio di incidenti navali al largo di una costa che fa del turismo la sua principale fonte di reddito. Se è, infine, vero che, ad oggi, non è prevista alcuna Royalty (compensazione) a beneficio dei territori “ospitanti” (per chi volesse saperne di più sulle royalties ).
Se tutto ciò è vero, allora ci chiediamo per quale ragione i siciliani e, in particolare, i territori siti in prossimità dell’area interessata dovrebbero accettare di buon grado un’opera del genere?
Legambiente non sbaglia quando pone l’accento sulla necessità di aumentare i tassi di occupazione della nostra Isola. Parole senz’altro belle e condivisibili, ma anche molto inflazionate, in un’epoca in cui un’idea confusa di sviluppo si fa strada nelle orecchie della gente poco avvezza alle arringhe dei politici. Parole che dovrebbero spogliarsi della loro impalpabilità e diventare decisive: quale sarebbe il saldo occupazionale alla realizzazione di questo impianto, comprese le perdite che genererebbe sugli attuali settori economici attivi nell’area interessata?
Ci siamo passati troppe volte, in Sicilia, dalle promesse di sviluppo, ricchezza e crescita occupazionale. Con le proposte dei mega resort a tombare spiagge millenarie, dei ciclici ponti sullo Stretto, con le trivelle e le raffinerie. È proprio guardando alla storia dei poli industriali siciliani che ci chiediamo quali e quante risorse umane provenienti dalla Sicilia verrebbero immesse nel Parco Eolico. Oppure quale settore dell’economia dell’Isola, nello specifico, trarrebbe vantaggio dall’opera.
Quindi, in ultima analisi – dato che tanto si parla di protagonismo siciliano – è necessario fare chiarezza sin da subito sulle effettive ricadute del parco eolico sulla nostra regione e sulle comunità che vi si affaccerebbero.
Perché oggi di risposte supportate da dati e numeri non se ne vedono. Ciò che appare è il disegno di occupazione di una fetta enorme del nostro mare – con tutto ciò che ne consegue – destinato ad alimentare l’immenso mercato dell’energia senza alcuna logica, perlomeno di beneficio territoriale, se non quella del profitto di chi vuole realizzare l’opera.
Sia chiaro, la rivoluzione ecologica per noi è una questione urgente e di primaria importanza, che riguarda direttamente il nostro futuro.
Ma fino ad ora siamo stati la piattaforma meramente estrattiva di un puzzle economico che continua relegarci ai margini.
Mentre l’energia prodotta nei nostri mari verrà utilizzata (anche) altrove, la Sicilia dovrebbe esser fiera di aver mortificato una fetta decisiva della propria economia, di mettere a rischio il proprio patrimonio naturalistico, di non ottenere alcuna compensazione – tutto in nome di una presunta rivoluzione verde?
Nostro malgrado la consolazione sarebbe più che magra di fronte all’approccio coloniale che contraddistingue le scelte politiche di questa Italia rispetto alla nostra terra.
La Sicilia continua a essere sede di estrazione di risorse di ogni genere, il petrolio o il vento servono prima di tutto agli utili delle multinazionali che li utilizzano. E cosa cambia per noi se poi le città si svuotano di giovani, se le aziende legate alle produzioni tipiche del territorio muoiono, se le infrastrutture mancano, e i territori restano miseri bacini elettorali?
Chiediamo, quindi, ai nostri lettori di invertire prospettiva e guardare alla Sicilia come una terra da riscattare e al Parco Eolico off-shore come un’opportunità per tornare a lottare.
Lottare per redimersi da questa condizione di statica sottomissione alle scelte calate dall’alto. Come?
Non è concesso porre un veto alle politiche di riconversione ecologica. Ma non possiamo nemmeno sottrarci dal pretendere che queste siano pensate, con il contributo dei nostri rappresentanti politici, in connessione con i bisogni dei nostri territori.
Non abbiamo bisogno di altra devastazione, di altra desertificazione. Non ci basta leggere la parola «rinnovabile», al posto di «fossile», per sentirci rassicurati.
Abbiamo bisogno del protagonismo delle comunità per immaginare un modo di produrre che sia veramente in sintonia con i territori e che allo stesso tempo generi occupazione per arrestare il drammatico fenomeno dell’emigrazione forzata.
Limare le diseguaglianze tra i territori, invertire i ruoli e rendere attrici le comunità locali, significa coltivare il benessere globale. Fare il contrario, invece, caricare specifici luoghi, come il trapanese nel nostro caso, della responsabilità di una presunta salvezza collettiva, significa solo alimentare il divario tra chi si vede sottratte le proprie risorse e chi, tali risorse, le consuma e le utilizza per trarne profitto.