Lettera di Luigi dal carcere: «Lottare per un mondo senza colonizzatori e sfruttatori»

Lettera di Luigi dal carcere: «Lottare per un mondo senza colonizzatori e sfruttatori»
Alessandria, 29/05/24

 

Ciao a tutte e tutti.

Vi scrivo queste righe sull’onda del disgusto provocato dallo star seguendo la campagna mediatica delle ultime settimane sulle elezioni europee. Mentre gli stati generali degli eserciti di tutto il mondo sono riuniti per decidere le sorti dei territori e dei popoli, in Italia si mette in scena il ridicolo teatrino della campagna elettorale. Da quasi un mese ormai media e giornali non parlano d’altro, la presidente del consiglio è anche riuscita in un modo o nell’altro a monopolizzare il sistema d’informazione pubblico che di fatto, checché ne dica, è diventato a tutti gli effetti teleMeloni.

I partiti più rappresentativi (se di rappresentatività si può ancora parlare, visto che secondo i sondaggi Fdi sta al 26% dei votanti mentre il Pd al 20%, e visto che la percentuale dei votanti starà al di sotto del 50%, si parla del 13% sugli aventi diritto per Fdi e del 10% per il Pd) Fratelli d’Italia e Partito Democratico si fronteggiano come fossero su posizioni opposte, programmando duelli televisivi che poi saltano, cercando di cavalcare strumentalmente l’agenda politica dei territori, vedi la traghettata no ponte di Elly Schlein o l’inaugurazione del centro sportivo a Caivano da parte di Meloni in contemporanea. Giorgia Meloni che riesce a trasformare, a causa anche del controllo dell’informazione da parte del suo apparato comunicativo, un obiettivo minimo del suo dovere di capo di governo come quello di garantire il diritto allo sport e alla socialità nei quartieri popolari, in un atto quasi eroico, una straordinaria vittoria ottenuta grazie al suo immenso merito personale. Così, mentre l’una impugna la bandiera dell’ “innovativa” riforma costituzionale (scopiazzata dal programma della P2) e che a suo dire, pensate un pò, sarebbe strumento democratico di redistribuzione del potere che restituirà decisionalità ai cittadini, l’altra si riscopre improvvisamente paladina degli sfruttati tornando a parlare di lavoro e di carovita, rispolverando addirittura la leninista concezione di libertà declinata come “liberazione dalle necessità” e non come mera “libertà individuale” – non credevo alle mie orecchie. Come se il suo partito, spalleggiato da sindacati compiacenti e muti, e che ha governato a più riprese fino a ieri, non avesse responsabilità nel feroce attacco ai diritti dei lavoratori portato avanti negli ultimi decenni.

In questa pantomima ipocrita e a tratti macchiettistica che dovrebbe rappresentare il dibattito politico sulla realtà, se si va bene a guardare, sui due grandi temi veramente centrali nelle politiche europee ovvero austerità e guerra, le due contendenti si sono mascherate andando a braccetto a votare tagli alla spesa pubblica e incremento degli investimenti in ambito bellico.

Mi è capitato di recente di leggere alcuni passaggi di un’inchiesta condotta da Greenpeace e Sbilanciamoci dal titolo “Economia a mano armata 2024”. Secondo questa inchiesta che riporta i dati dell’Istituto internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma, la spesa militare dell’Ue è quasi 4 volte quella russa (dati di fine aprile). Peccato che solo il 6 maggio scorso il ministro Crosetto sostenesse pubblicamente che la capacità produttiva militare dell’Europa è di molto inferiore a quella della Russia e dell’Iran, esprimendo la necessità di aumentare la spesa militare italiana e il sostegno con denaro pubblico al comparto produttivo degli armamenti. Comparto che ha già un fatturato complessivo di più di 15 miliardi annui e di cui aveva incarichi di rappresentanza fino al giorno prima di diventare ministro della difesa, alla faccia del conflitto di interessi, addirittura invertito di segno.

Un comparto produttivo che mette a capo di un ministero un suo rappresentante. L’industria militare italiana ha assunto nell’ultimo periodo, tra l’altro, ancora di più un ruolo di subalternità alle strategie imperialiste degli Usa. Tra il dicembre 2013 e gennaio 2024 l’Italia ha esportato, infatti, armi e munizioni verso Israele per un valore complessivo di oltre due milioni di euro. Leonardo infatti, come è noto, produce i cannoni navali Oto-Melara oggi utilizzati a largo delle coste di Gaza e i caccia dell’aviazione israeliana. Se non bastasse nell’ottobre 2023 l’esercito statunitense ha assegnato sempre a Leonardo lo sviluppo di un nuovo sistema laser in grado di coordinare operazioni e attacchi militari. Hai voglia di mostrare finto cordoglio per le decine di migliaia di uccisioni di civili palestinesi, con una mano il governo italiano asciuga le sue lacrime da coccodrillo, con l’altra intasca i miliardi di euro che questa carneficina sta fruttando. Per non parlare degli accordi firmati da Eni con il ministro dell’energia di Tel Aviv per avviare l’esportazione di giacimenti di gas nel territorio appena raso al suolo della Striscia di Gaza e della porzione di mare antistante. In tutto questo non una parola da parte del Pd contro il genocidio in atto da parte di Israele a Gaza, né in sostegno alla resistenza del popolo palestinese. L’unico ad aver preso posizione chiara, Tarquinio, candidato alle europee da indipendente per il PD, che ha proposto di uscire dalla Nato e sciogliere l’alleanza con Israele è stato addirittura subito bacchettato.

Per fortuna ci sono le piazze e le università ad esprimere posizioni chiare su questi temi vitali. Seguo giornalmente la mobilitazione portata avanti dagli studenti nelle università (ho letto anche dell’accampata all’ateneo di Palermo e di Catania) e dai tanti comitati di solidarietà sorti in tantissime città d’Italia, ottimi segnali da parte dei territori che non smettono di lottare e di portare in campo la loro solidarietà.

Vedo che si sta lavorando per estendere ancora di più la mobilitazione e per unificare le lotte. Le lotte contro la guerra imperialista, contro le spese militari e la corsa agli armamenti. Le lotte contro i tagli alla sanità pubblica e contro il suo smantellamento, le lotte contro le grandi opere inutili, contro la devastazione dei territori e contro lo sperpero di denaro che andrebbe invece investito sulla loro messa in sicurezza. Le lotte nel mondo del lavoro per avere più sicurezza e migliori condizioni contrattuali sono parti di un’unica grande lotta che i territori devono condurre per la costruzione di un mondo migliore. Un mondo senza classi sociali, senza colonizzati e colonizzatori, senza sfruttati né sfruttatori. Altro che elezioni europee e teatrini annessi.

A presto! Luigi

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