Piano d’investimenti Beni Culturali. In Sicilia neanche un euro
Il Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali, dopo aver ricevuto l’ok dal Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici, ha ricevuto il benestare anche dalla conferenza Stato-Regioni.
Cosa prevede il Piano
Scopo del Piano è quello di intervenire «su beni e siti di notevole interesse e importanza nazionale per i quali si rende necessario e urgente realizzare progetti organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche al fine di incrementarne l’offerta e la domanda di fruizione». Il programma di investimenti – varato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini – ha un valore complessivo di 103.630.501 euro.
Il Centro-Nord piglia tutto
«Sono progetti e cantieri diffusi su tutto il territorio nazionale che vanno a migliorare la bellezza delle città italiane e a sostenere lo sviluppo dell’economia e del turismo del nostro Paese» – ha affermato il Ministro Franceschini. Se si controllano i siti cui sono destinati gli interventi ci si chiede, però, se la Sicilia sia stata depennata dalla cartina geografica del Ministro.
Dei progetti e cantieri finanziati dal Piano, tutti tranne uno si trovano al Centro-Nord. In particolare i siti del Nord – Rimini, Mantova, Genova, Venezia, Lodi – prenderanno complessivamente circa 32,6 milioni. Di questi la maggior parte, 20 milioni, andranno all’arsenale di Venezia.
Quelli del Centro – Roma e Firenze – prenderanno circa 67,5 milioni. Qui, più di 35 milioni verranno utilizzati per Palazzo Silvestri Rivaldi a Roma – che si prepara così a ospitare la Scuola di alta formazione del MiBACT – e 16 milioni per l’archivio di Stato a Roma.
Solo 3 milioni circa sono destinati a un sito del Sud, il Parco e Museo archeologico di Sibari, in Calabria.
Niente alla Sicilia
I fondi stanziati su Roma ci dicono che è ufficialmente partita la campagna elettorale del Partito Democratico. Tolti questi, buona parte dei finanziamenti va al Nord. Solo Venezia si aggiudica 20 milioni.
E anche questa volta la Sicilia rimane al palo. I beni culturali siciliani non vedranno neanche un centesimo di questi finanziamenti.
Ma c’era da aspettarselo. A guardare bene le linee guida offerte dal MiBACT, infatti, si legge chiaramente che «il Piano, tenendo conto della distribuzione territoriale degli interventi previsti dai Programmi della politica di coesione che favoriscono le regioni del Mezzogiorno, si attiva destinando fondi alle regioni del Centro-Nord».
Una presa in giro, con pure poco sforzo per argomentarla. Se al Mezzogiorno sono destinati i fondi europei è perché è qui che c’è maggiore necessità di intervento. Se l’obbiettivo dello Stato italiano fosse quello di diminuire il divario Nord-Sud, i fondi nazionali andrebbero ripartiti almeno equamente – in modo da non creare nuovi squilibri. E invece no; si decide di continuare a investire al Nord. Così, ogni possibile vantaggio dato dai fondi europei sarà prontamente vanificato al fine di mantenere saldo il divario.
Dove sono finiti Musumeci e Samonà?
Probabilmente, mentre il Piano passava al vaglio della conferenza Stato-Regioni, Musumeci si era appisolato. E, forse, ancora adesso non si è accorto di quanto accaduto. Altrimenti non si spiega perché il Presidente della Regione Siciliana non si sia levato, tuonando contro questo perverso piano di finanziamenti.
Non sarà che il suo assessore ai beni culturali è della Lega Nord, e più finanziamenti al Settentrione gli fanno anche piacere? O sarà invece che nei momenti di confronto con Roma la sua voce non conta nulla?
Un immenso patrimonio culturale abbandonato
La Sicilia, con il suo immenso patrimonio culturale, dovrebbe essere destinataria di ingenti finanziamenti. Questi potrebbero essere utili a difendere e valorizzare un patrimonio culturale sottoutilizzato. Con un po’ di impegno, potrebbe diventare un settore che garantisce lavoro a migliaia di giovani costretti a emigrare.
Il Piano poteva essere un’occasione per andare in questa direzione. Per il governo regionale e Musumeci si è rivelata l’ennesima occasione persa. Per i partiti nazionali e per lo Stato italiano, invece, un’altra occasione per lasciare all’abbandono la nostra isola.